Dopo ACTA arriva CETA, ma per la Commissione Europea non c’è nulla di cui preoccuparsi
Nei giorni scorsi, è trapelata la bozza di un nuovo accordo commerciale tra Unione Europea e Canada che ha messo in allarme tutti coloro che tengono alla libertà di espressione in Rete. Il testo, datato febbraio 2012, riproponeva infatti alcuni dei passaggi più contestati dell’ACTA, la chiacchierata normativa contro pirateria e contraffazione bocciata due settimane fa dal Parlamento Europeo.
Il nuovo accordo si chiama CETA (acronimo di Canada-E.U. Trade Agreement) e tra i suoi punti più controversi ci sarebbe l’obbligo da parte degli ISP di comunicare a major ed autorità i dati personali dei gestori di siti Internet ritenuti colpevoli di violazione del copyright, proprio come nell’ACTA, ma da Bruxelles arrivano le prime rassicurazioni.
Il portavoce della Commissione Europea John Clancy ha chiarito su Twitter che nella versione attuale del CETA non vi è alcun riferimento agli ISP e non sono presenti normative come quelle che hanno portato alla bocciatura dell’ACTA. Le parti del testo legate alla proprietà intellettuale sarebbero tutte tratte da normative europee già in vigore, come l’eCommerce Directive del 2000, la Information Society Directive del 2001; la Customs Regulation del 2003 e la Enforcement Directive del 2004.
Inoltre, dalla Commissione Europea fanno notare che l’accordo con il Canada è praticamente identico a quello già in vigore da anni con la Corea del Sud, il quale “non ha comportato alcuna limitazione nella libertà di espressione su Internet”.
Insomma, dall’Europa si tenta di gettare acqua sul fuoco ma la questione è tutt’altro che chiusa. Se la bozza di febbraio del CETA è obsoleta e contiene passaggi che sono stati stralciati dopo la bocciatura dell’ACTA, è giusto che la sua versione attuale venga resa pubblica e possa essere analizzata attentamente dai cittadini e dalle organizzazioni a tutela della libertà di espressione. Al prossimo capitolo.
[Via | ITWorld] [Photo Credits | bob]