La biblioteca dell’università del Michigan e Google book search. Una storia d’amore
Chi l’ha detto che tutti i bibliotecari e tutte le biblioteche sono contrari al progetto di Google di scannerizzare milioni di libri e metterli online disponibili a tutti gli studiosi e i lettori del mondo? Paul Courant, direttore della biblioteca dell’università del Michigan, ha le idee molto chiare. “L’università del Michigan e le altre biblioteche che stanno partecipando al progetto – ci tiene a precisare – stanno cambiando il mondo. In meglio“.
Google, in particolare, digitalizzerà sette milioni di testi nella sola biblioteca del Michigan, e il costo per l’università sarà pari a zero. Non solo: l’ateneo ovviamente continuerà a detenere i diritti sui libri, e avrà anche una copia elettronica di tutta la digitalizzazione. Un’opera di preservazione che, se affidata a una società esterna, sarebbe costata migliaia di Dollari.
L’esperienza degli ultimi anni, continua Courant, ci dice che abbiamo davanti a noi una generazione di studenti che non sono capaci, o non hanno voglia, di fare ricerche su testi “normali”, ma sono invece molto più avvantaggiati e facilitati nel cercare in rete. Poi ammette di non capire l’ostilità di molte altre biblioteche: “Google non ha alcun controllo sui nostri libri – spiega – e dopo averli scannerizzati e trattati con molta cura, i libri tornano da noi”.
Molti, dicevamo, si stanno invece schierando contro questo progetto: Siva Vaidhyanathan, docente dell’università della Virginia, sta ad esempio scrivendo un libro molto critico nei confronti del progetto: secondo lui le istituzioni pubbliche non dovrebbero stringere accordi di questo tipo con società private e “eccessivamente dominanti nei loro campi”, come appunto Google. E poi, sempre secondo il docente, digitalizzare tutti questi libri significa infrangere le regole mondiali di copyright. Nel frattempo la polemica continua, e Google continua a digitalizzare libri. Come vi schierate? Grande opportunità per studenti e studiosi di tutto il mondo, o grave perdita economica per case editrici e autori?
Via | Ars Technica