De Internet Libertate
Egregi lettori, oggi è 31 dicembre. Quelli che avete letto e che leggerete oggi sono gli ultimi articoli dell’anno 2008. Credo che sia, perciò, giusto celebrare degnamente l’occasione sottoponendo ai bravi geeks un intrigante quesito di “filosofia geek”, semplice all’apparenza, ma (a mio avviso) ben più profondo e serio.
Un brevissimo abstract risulta necessario: Andrew Burnham, Secretary of State for Culture, Media and Sport del Brown’s Cabinet (UK), ha rilasciato una controversa intervista al celebre quotidiano “The Daily Telegraph“, nella quale dichiara che la Rete necessiti di particolari restrizioni, specialmente per siti contenenti materiale non adatto ai minori. Insomma, dotati di spirito critico e capacità analitica (e anche carta e penna, perché no), tuffiamoci all’interno del problema.
In soldoni, il ministro laburista propone un criterio valutativo che dovrebbe contraddistinguere categorie di siti adatti a tutti i naviganti e di siti riservati ad un’utenza maggiorenne. Un “vietato ai minori”, insomma. Un bollino rosso, giallo, verde. Chiamatelo come meglio credete.
Burnham, per argomentare questa sua tesi, denuncia come “inaccettabili” contenuti come una decapitazione. Le parole che più colpiscono, però, sono quelle che esprimono la sua volontà di coinvolgere il neopresidente Barack Obama in questa campagna di restrizione.
Parlerò con la nuova amministrazione appena il presidente sarà ufficialmente in carica per definire degli standard comuni per i siti di lingua inglese.
Sarebbe davvero paradossale sentire di Obama appoggiare questa campagna… Lui che ha fatto di Internet il principale strumento di campagna elettorale! Ma l’esperienza ci insegna: nulla è impossibile. Ci auguriamo (e crediamo davvero) che ciò non accada. In ogni caso, il ministro prosegue:
Un’opzione potrebbe essere quella di chiedere ai provider di indicare chiaramente se il materiale coontenuto nei siti è adatto a certe fasce di età”. In pratica, così come accade per film e videogiochi, alcuni siti dovrebbero riportare la scritta “non adatto ai minori di…”
Ergo: il progetto, qualora diventasse legge, sancirebbe la partecipazione di tutti i siti a questo nuovo criterio di rating e renderebbe necessaria la rimozione dei contenuti ritenuti “inaccettabili” o “indecenti” da parte dei webmasters.
Secondo Burnham, in soldoni:
The internet has been empowering and democratising in many ways, but we haven’t yet got the stakes in the ground to help people navigate their way safely around it. The internet will not become safe for children as a result of the government driving stakes into the ground. It will become safe when parents recognise the destructive potential of the computer, and adopt sensible habits such as restricting online access to the main room of the house.
Parole squisitamente interessanti, certo, e moralmente corrette. L’intenzione è sicuramente tra le migliori: evitare che un piccolo internauta si perda tra i meandri della Rete, raggiungendo siti che di certo non ne favorirebbero una serena e tranquilla navigazione.
Io, però, mi (e vi) domando: perché, caro Burnham, angustiare l’utenza mondiale, se quel che cerchi esiste già? I sistemi di navigazione sicura non sono stati mica inventati ieri: parental control, filtri famiglia e vari sistemi di navigazione differenziata (browsers, softwares, etc.) da sempre si pongono come ottimi strumenti garanti di una navigazione sicura e controllata.
Vedo, poi, che il sentimento censuratore non ribolle solamente in questo ministro: a partire da casa nostra, con Berlusconi che si propone di regolamentare la Rete (questione ampiamente sviscerata dall’amico Andrea in questo bellissimo report), fino all’Argentina, all’Australia, alla Cina, etc. Ad esempio, il senatore e Ministro delle Telecomunicazioni australiano Stephen Conroy ha ideato un (altamente discutibile) progetto di ISP Filtering nel suo Paese, come si legge sulle FAQs presenti sul sito del governo australiano.
Altro esempio: in Argentina, in seguito ad una ordinanza emessa da un giudice penale, è stato stabilito che alcuni risultati definiti “diffamatori” concernenti alcune grandi personalità pubbliche (es. Maradona) non venissero restituiti nei risultati dei motori di ricerca. Ancora una volta, sentenza ampiamente discutibile.
Il filtraggio di massa operato in Cina, poi, non merita presentazioni o approfondimenti. E’ tristemente noto (e documentato da diversi ricercatori della Harvard Law School) come ogni giorno una certa quantità di siti venga filtrata (all’incirca, 20000).
Giunti a questo punto della disquisizione, il quesito che vi pongo è un altro. E qui, consentitemi, è necessario almeno un minuto di sacrosanta riflessione. Perché la censura? Perché un bambino dovrebbe incappare in un sito di natura pornografica o contente video di esecuzioni capitali? Per sua curiosità? Non credo.
E’ il sistema della Rete, signori, che funziona così. Forse, quando Burnham la definisce come “qualcosa di molto, molto complesso e un mondo piuttosto pericoloso”, non ha tutti i torti. Quanto a complessità, almeno. Le pubblicità, i links fuorvianti, gli ads ingombranti ed insistenti: tutta una serie di elementi che contribuiscono a rendere Internet luogo idoneo alla consumazione di situazioni poco consone.
In definitiva, mi accosto, dal punto di vista strettamente teorico, al pensiero di Burnham: è giusto che un bambino di pochi anni non giunga davanti a scene troppo esplicite. Il mezzo da lui ideato non è tra i migliori, senza dubbio. Dietro a tutto ciò, forse, c’è un problema molto più articolato e profondo: quello dell’educazione morale e dell’etica di navigazione.
Non lascerei un bambino di prima elementare davanti a Google, lo dico senza esitazioni. Gli starei accanto, cercando di trasmettergli i princìpi basilari della corretta navigazione, aumentando gradualmente la complessità dei concetti. Affermo parimenti, senza pensarci su due volte, che non lascerei nemmeno il suddetto bambino sotto la completa supervisione di un software di parental control. Certo, l’esperienza di navigazione deve essere un momento di crescita personale e singola, ma non per questo deve essere trascurata.
Riassumendo con una metafora, suggerirei di indicare la strada corretta, ma non sempre. Dopo le prime esperienze, avrei fiducia nella libertà (e nella responsabilità) di navigazione. Tutto questo, naturalmente, IMHO. Quindi, appoggiamoci ancora una volta ad un celebre adagio degli antichi romani, ora più che mai adeguato: in medio stat virtus o, per i geeks più latinizzati, est modus in rebus (Orazio).
Individuare il valore medio è l’impresa più complicata, certo. E’ sufficiente non trascorrere negli eccessi, però, né verso il lassismo, tantomeno verso l’iperprotettività. E voi, cosa ne pensate? Come vi ponete davanti a questo problema? E’ giusta, almeno moralmente, l’intenzione di Burnham? A voi l’ardua sentenza. Siamo ansiosi di conoscere la vostra opinione in merito.
Sperando di non aver rovinato l’ultimo giorno dell’anno con queste elucubrazioni particolarmente profonde, mi permetto di concludere augurando a tutti voi un 2009 ricco di serenità e pace, ma soprattutto… un 2009 geekissimo!
Grazie a tutti voi per l’attenzione, ancora i migliori auguri di una buona navigazione 😀 A presto!
Approfondimenti consigliati:
- Articolo di Cristina Nadotti (la Repubblica.it)
- Analisi di Vittorio Zambardino (Scene Digitali)