Qualche numero sulla campagna di Ads di Digg
In un’intervista alla Fox Business News, di cui potete vedere il video in inglese, Jay Aldson, CEO di Digg ha rilasciato dei dati interessanti sulle statistiche raccolte dall’inizio della campagna di Ads di Digg.
Esprimendo la sua opinione riguardo come i media tradizionali potrebbero sopravvivere al prepotente avvento del web nei mezzi di comunicazione di massa, Jay Aldson ha approfittato per fare un po’ di pubblicità alla campagna di Ads interattivi che Digg sta ormai portando avanti da mesi.
L’interattività degli Ads, lo ricordiamo, consiste nella possibilità per gli utenti di votare o meno un determinato Ad; esattamente come per le stories di Digg, gli Ads saranno più o meno visibili secondo il loro rating, assicurando una pubblicità di qualità o quantomeno scelta dagli utenti.
I numeri che Jay Aldson ha fornito sembrerebbero essere una prova di quanto detto finora, il CEO di Digg infatti parla di una percentuale di click-through superiore di 100 volte alle percentuali dei banner standard, senza addentrarsi troppo in cosa intende per banner standard.
A quanto pare però la campagna di Ads di Digg sta avendo un successo innegabile, anche se forse con numeri inferiori, non c’è dubbio che la presa che sta avendo sugli utenti la semplice ma brillante idea degli Ads votabili sia di un’intensità notabile.
Sempre stando alle parole di Jay Aldson, Digg con la sua nuova campagna ha reso se stesso in grado di produrre profitto, questione sempre scottante quando si parla di dotcom.
Digg non è l’unico attore del web a puntare sulla pubblicità interattiva. Facebook a suo modo è stato il primo big ad introdurre Ads che si interfacciavano con l’utente a cui si mostravano portando i fan di una pagina ad essere testimonial di quel Ad. Di ieri è la notizia che Admob, l’azienda di pubblicità per dispositivi mobile acquistata da Google, ha introdotto dei Video Ads che l’utente, fra i vari tipi di interazione, può condividere su diversi social network.
Una pubblicità di questo tipo, se da un lato può suscitare paura per la propria libertà di scelta, dato che sarà tarata sempre più finemente sulle nostre informazioni personali, dall’altro potrebbe far pensare ad un mercato dove non c’è bisogno di imporre un prodotto, dal momento che si sa esattamente ognuno cosa vuole. Delle due l’una.