No alle app SPAM su Android Market
Il “no” non vale solo per Android Market, ma si estende atutti gli store presenti e futuri, incluso ovviamente App Store di Apple. Come poco dopo l’inizio del web è comparsa la sua prima piaga, lo SPAM sulla posta elettronica, all’alba del successo degli App Store ecco che una nuova minaccia inizia a farsi sentire.
Quello che molti e sempre più spesso accusano è la quantità di applicazioni spam presenti su App Store. Come regola generale un’applicazione finalizzata solo alla pubblicizzazione di un prodotto senza fornire alcun servizio non dovrebbe poter accedere ad App Store, ma la linea è ben più sfumata di questa.
Se è vero che non è possibile pubblicare un’applicazione del genere è anche vero che spesso scappano ai controlli Apple applicazioni di questo genere e ancora più vero è che alcune interpretazioni di queste apps sono ufficialmente accettate su App Store e a quanto pare anche su Android Market.
Una di queste è Waterfall Pics ed altre 90 applicazioni del genere sviluppate da Michael Quach, contro il quale i ragazzi di Eurodroid sembrano essersi impegnati in una crociata. Waterfall Pics non è altro che un album di fotografie di cascate pescate sulla rete e degli ads messi li a beccare qualche click per errore.
Con 90 applicazioni del genere e ads in tutte e 90 il calcolo viene facile. Con una spesa minima Michael Quach chissà che non stia riuscendo anche a racimolare qualche soldo, quello che è certo è che applicazioni come queste fanno calere drasticamente la qualità degli store, occupano chiavi che potrebbero servire ad altri e rischiano di creare insoddisfazione negli utenti.
Se da un lato è vero che ci piacerebbe un divieto per queste inutility è anche vero che la differenza principale fra Android Market e App Store sta nelle politiche di ingresso sullo store. Android Market è fondamentalmente libera e non impone ne regole redazionali ne di alcun genere, salvo alcuni capisaldi della sicurezza. Un intervento di Google allo scopo di fermare questi sviluppatori-spammer sarebbe più in linea con le linee di condotta di Apple che con l’ambiente sereno che Google tenta di creare per i suoi sviluppatori.
Volendo generalizzare la questione è vecchia quanto la storia ed è sempre la solita storia. Da un lato la libertà di espressione che dovrebbe essere limitata solo a mali estremi e dall’altro la qualità dell’informazione che, quando a briglie sciolte, troppo spesso si trasforma in chiacchiericcio, disinformazione e nel nostro caso, applicazioni inutilie di pessima qualità. “Essere o non essere” insomma.