Questo è l’anno di Linux. Ancora.
Questo è l’anno di Linux. Quante volte abbiamo letto questa frase su blog e giornali nel corso dell’ultimo lustro? Cento? Mille? Chissà. Fatto sta che il sistema operativo del pinguino, in ambito desktop, è ancora fermo a un misero 1% di diffusione. Anzi, qualcosa in meno, stando ad alcune statistiche recenti.
Questo può voler dire solo due cose: o che i commentatori e gli analisti del settore non hanno ancora capito i gusti della “gente” o che viviamo in un mondo popolato esclusivamente da cerebrolesi, i quali non hanno ancora capito che esiste un’alternativa gratuita a Windows e Mac capace di soddisfare le loro esigenze a 360 gradi.
L’ipotesi più probabile è ovviamente quella in grassetto. E allora perché Linux non è ancora riuscito a sfondare in ambito desktop? Cosa gli manca?
Come fa notare giustamente Dana Blankenhorn su ZDNet, grazie a Google e il successo del suo Android, Linux sta vivendo una seconda giovinezza nel campo mobile. Distro come Ubuntu e Mint sono sempre più facili da usare e belle da vedere, ma nessuno ha ancora avuto la forza finanziaria (o la volontà, aggiungiamo noi) di portare il sistema del pinguino a competere realmente con Microsoft ed Apple. Vero, ma questo non è certo l’unico problema di Linux.
Sembrerà brutto e per certi versi sacrilego da dire, ma se Linux vuole diventare un sistema operativo di successo, deve ingannare gli utenti! Ci spieghiamo meglio. Il successo di Apple e dei suoi prodotti ha dimostrato che gli utenti – quelli di massa ma anche alcuni geek – preferiscono vivere in un ambiente chiuso, curato e apparentemente sicuro: il famoso giardino recintato. Preferiscono scaricare le applicazioni che vengono servite loro su un piatto d’argento anziché andarsele a cercare. Preferiscono la comodità alla libertà.
Per aumentare il suo appeal agli occhi della massa, Linux dovrebbe quindi abbandonare le vesti da sistema per informatici, ammaliare i suoi nuovi fan con la costruzione di finti giardini recintati e, una volta approdato nelle case della gente, mostrare loro la bellezza di avere tra le mani un sistema che si adatta alle tue esigenze lasciandoti libero di installare, sperimentare e manipolare qualsiasi cosa senza chiedere la benedizione di nessuno. Magari anche con lo scotto di farsi “brandizzare”, inscatolare e pagare (ovviamente senza rinunciare alla sua natura open source).
Un compromesso commerciale? Un grandissimo inganno? Un sogno? Un incubo? Chi lo sa. Intanto, se l’alternativa è il superamento anche da parte di iOS (ora allo 0.70% di diffusione) bisogna o bere o affogare. Da lì non si scappa.
[Photo Credits | John Vertelli]