Microsoft è il 5° principale contribuente alla creazione di Linux 3.0

Forse Microsoft ama davvero l’open source, o quantomeno non le va di snobbarlo se questo può portare acqua al suo mulino. Signori, tenetevi forte: Microsoft è il 5° principale contribuente alla creazione di Linux 3.0, il nuovo kernel del sistema operativo del pinguino che può vantare fra i suoi credits i nomi di molte altre aziende importanti (ma meno insospettabili di Microsoft).

Il colosso di Redmond è quinto su quindici nella graduatoria delle compagnie che hanno contribuito all’inserimento di nuovo codice in questa versione di Linux, e prima di lui ci sono solo le “solite note” Red Hat, Intel, Novell ed IBM. A figurare nei crediti del nuovo kernel, per essere precisi, è lo sviluppatore di Microsoft K. Y Srinivasan che a quanto pare si è dato un gran da fare per l’OS di Tux.


Il contributo di Microsoft è stato focalizzato quasi esclusivamente nell’implementazione in Linux di driver per il sistema di virtualizzazione Hyper-V a 64 bit, la risposta redmondiana a VMWare e allo stesso Virtualization Manager di Linux che dovrebbe permettere di eseguire istanze di Windows 2008 R2 su Linux e di Linux su Windows 2008 R2 senza problemi di compatibilità.

All’inizio, questo codice non era stato reso open source, ma nel 2009 si scoprì che parti di codice GPL erano già presenti nei driver Hyper-V per Linux e così Microsoft decise di rilasciare 20.000 linee di codice alla comunità Linux. Dopo l’entusiasmo iniziale, però, l’azienda di Steve Ballmer “mollò la presa” e il codice diventò, in sostanza, obsoleto scatenando critiche feroci per la gestione che Microsoft ne aveva fatto.

Da qui, la rinnovata volontà del colosso di Redmond di interagire con il mondo open source realizzando questo piccolo “miracolo informatico” che lascerà sicuramente a bocca aperta tutti i “puristi” (sia da un lato che dall’altro). Le filosofie di Windows e Linux rimangono ancora lontane anni luce, sia chiaro, ma quando serve questi due mondi sanno darsi la mano e noi di questo dobbiamo esserne lieti.

[Via | ZDNet – Photo Credits | Francois Schnell]