Google si ribella alla censura cinese. Meglio tardi che mai? [AGGIORNATO]

Google e il regime comunista cinese non sono più amici. Dopo una connivenza durata circa quattro anni, il colosso di Mountain View si è finalmente passato la mano sulla coscienza ed ha deciso di dire “no” alle censure imposte dal governo della RPC.

Da due giorni, foto di eventi come la protesta di piazza Tian’anmen e informazioni come quelle riguardanti le violazioni dei diritti umani in Tibet risultano tranquillamente accessibili tramite Google.cn, versione mandarina del motore di ricerca numero uno al mondo che, come ben noto, finora aveva reso inaccessibili agli utenti tutte quelle informazioni ritenute scomode dalla dittatura cinese.

A cosa si deve quest’improvvisa sensibilità di ‘big G’ nei confronti dei diritti umani? A quanto pare, nei mesi scorsi alcuni hacker hanno cercato di intrufolarsi negli account Gmail di alcuni dissidenti non troppo simpatici al regime. Gli attacchi (non andati a buon fine, pare) sono stati quasi sicuramente ordinati dal governo locale e questo ha mandato su tutte le furie Google, che oltre ad aver abolito le censure di Stato, adesso minaccia pure di abbandonare il florido mercato cinese.


Dobbiamo ammetterlo. Questa mossa del gigante di Mountain View ci fa enormemente piacere, speriamo tanto possa fare da apripista per gli altri “player” del settore – come Microsoft e Yahoo!, che pur di fare soldi nell’importante Paese asiatico hanno accettato di buon grado le censure imposte dal governo – ma guai a dipingere Google come un’associazione caritatevole novella paladina dei diritti umani.

Se ‘big G’ avesse sempre considerato i diritti umani così importanti, non sarebbe mai scesa a compromessi con il regime comunista cinese. Non si sarebbe svegliata solo ora, quando si è accorta di essere al centro di cose ben più grandi della new economy e dei profitti milionari.

Ad ogni modo, come recita anche il titolo del post, meglio tardi che mai. Google ha deciso di sfidare la censura? Benissimo. Microsoft e Yahoo! scenderanno in campo per supportarla? Meglio ancora. Ma la “guerra” dovrà essere portata fino in fondo.

Basta compromessi. Questa volta o la va (ovvero si riesce ad abolire la censura in Cina) o la spacca (ossia Google si ritira dalla super-potenza asiatica). E se la spacca, almeno qualcuno ci avrà provato.

AGGIORNAMENTO: Interpellata sull’argomento Google, la portavoce del governo cinese Jiangu Yu ha detto che “le imprese straniere sono le benvenute, se agiscono in accordo con la legge cinese”, aggiungendo che la legge cinese vieta qualsiasi cyber attacco. Sembra quindi aprirsi uno spiraglio per il dialogo (ennesimo compromesso?) tra il colosso di Mountain View e le autorità di Pechino.

Ma la cosa potrebbe rivelarsi più difficile di quello che appare, dato che secondo alcune fonti oltre a bucare gli account Gmail dei dissidenti, il governo cinese avrebbe tentato di impadronirsi dei segreti di ben 33 aziende americane operanti nel mondo della finanza e della difesa (‘big G’ e forse Yahoo! comprese). Vi terremo aggiornati.

[Via | Repubblica]