Decreto Romani, indietro tutta
Il pericolo è scampato, la figuraccia internazionale no. Con oltre trenta richieste di modifica, di cui il Governo si è fatto carico, il Parlamento italiano ha espresso parere favorevole sul decreto Romani, quello che voleva equiparare YouTube alle emittenti televisive. Ma le parti riguardanti il Web sono state quasi tutte rimosse.
In un documento di dieci pagine redatto da PDL e Lega, che stabilisce le condizioni a cui il decreto Romani verrà approvato, è infatti possibile scorgere la frase “blog, giornali on line, motori di ricerca restano liberi e la responsabilità editoriale non ricade sui provider che ospitano contenuti altrui”, che di fatto mette la parola fine sulla questione YouTube e censura.
Secondo le nuove disposizioni, dovranno invece registrarsi all’AGCOM (quindi non più al Ministero) e rispettare leggi simili a quelle delle emittenti TV i servizi di video on demand con liste di contenuti che vengono sfruttati commercialmente (es. quelli offerti da Alice di Telecom Italia).
Insomma, siamo al cospetto di una nuova marcia indietro resasi necessaria solo a causa dell’incompetenza del reparto geriatrico che, per nostra disgrazia, da una parte politica all’altra, poggia quotidianamente le terga sugli scranni delle sedi istituzionali italiane.
A quanto pare, chiedere che una legge riguardante un argomento delicato come il Web (che, detto tra noi, andrebbe trattato solo a livello internazionale e non nazionale) venga redatta da qualcuno con meno di sessant’anni sul groppone è chiedere troppo. Ma non dobbiamo rassegnarci.
Per ora il Web italiano è salvo. Teniamo duro il più possibile e prepariamoci alla prossima proposta di mostruosità legislativa con conseguente marcia indietro: il decreto che equipara i router Wi-Fi ai ripetitori radio-televisivi incombe!
[Via | La Stampa] [Photo Credits | jonsson su Flickr]