The Agony and The Ecstasy of Steve Jobs, uno spettacolo teatrale svela le terribili condizioni di chi lavora per Apple in Cina


Uno spettacolo che apre gli occhi. Ormai sono in tanti a parlare in questo modo di The Agony and The Ecstasy of Steve Jobs, la pièce teatrale che l’attore Mike Daisey sta portando in scena questa settimana al Repertory Theatre di Berkeley (in California).

In questo lungo one-man show definito da più parti come “imperdibile” per tutti i fan Apple, il monologhista americano (fan di Apple a sua volta) parla del mondo della “mela” a 360 gradi ponendo l’accento su una questione che sembra essere stata dimenticata dai media: le condizioni di lavoro inumane delle fabbriche cinesi in cui vengono costruiti prodotti come iPhone e iPad.


Daisey ha visitato la Cina l’anno scorso e ha scoperto che i dispositivi che tutti i suoi dispositivi preferiti erano costruiti quasi tutti “a mano” (a causa della mancanza di fondi per l’acquisto di macchinari avanzati nelle fabbriche), in condizioni di totale sfruttamento, molto spesso da bambini.

Nello spettacolo, l’attore racconta i drammatici scambi di battute che ha avuto con alcuni degli operai incontrati lungo il suo viaggio nell’inferno delle fabbriche cinesi. Si parla di un bambino di undici anni costretto a lavorare sedici ore al giorno per costruire iPhone e iPad, di un lavoratore che si è visto prima non assistito dopo un incidente a una mano e poi licenziato per la sua “eccessiva lentezza”, e di tanti altri casi a dir poco rabbrividenti.

Abbiamo esportato il nostro lavoro in Cina ma non abbiamo esportato i nostri valori”, è l’amaro commento di Daisey a questa situazione. E come dargli torto?

Certo, ora è inutile accanirsi contro un’unica azienda (in questo caso la Apple) solo perché fa più notizia di altre ma, accidenti, se non sono proprio questi colossi del cosiddetto mondo libero a dare il “buon esempio” e a pretendere il rispetto dei diritti dei lavoratori in Cina, chi altri deve farlo?

Una domanda che è destinata a cadere nel vuoto, purtroppo. Così come le nostre speranze di vedere questo spettacolo in Italia.

[Via | Cult of Mac]