Facebook ha pagato una campagna mediatica per gettare fango su Google


Fino a qualche ora fa era solo un insinuante dubbio, ora è una scomodissima verità: Facebook ha pagato un’azienda di pubbliche relazioni, la Burson-Marsteller, affinché persuadesse giornalisti e blogger a scrivere articoli contro Google.

Il “giochetto” è stato smascherato da “USA Today” e “The Daily Beast” quando il blogger Christopher Soghoian ha deciso di rifiutare uno di questi “inviti” a parlare male di Google e ha vuotato il sacco pubblicando la sua corrispondenza con Burson-Marsteller.

Dalle e-mail emerge come l’azienda pagata da Facebook per imbastire questa campagna “anti-big G” abbia fatto pressioni su blogger e giornalisti parlando delle gravi violazioni della privacy causate da Google Social Circle, la funzione “social” mediante la quale gli utenti di Google possono visualizzare le informazioni pubbliche degli amici dei propri contatti, come i loro profili su Facebook e Twitter.


In un’intervista rilasciata a CNET, un rappresentante di Facebook ha cercato di difendere la posizione della sua azienda dicendo che “Non è stata programmata o autorizzata alcuna campagna infangante nei confronti di Google”.

Per l’intervistato, l’unico fine di Zuckerberg e soci era quello di puntare i riflettori su un “problema serio che mette a rischio la privacy di molti utenti di Facebook e altri social network che non vogliono veder collezionati ed utilizzati i propri dati in maniera impropria (risata registrata in stile telefilm).

Nel frattempo, anche dalla Burson-Marsteller si tolgono tutti i veli e si viene a sapere che: “Ora che Facebook è uscita allo scoperto, possiamo confermare di aver ricevuto un incarico da loro”.

Che dire? Dopo l’invettiva di Julian Assange secondo cui Facebook è la più terrificante macchina di spionaggio mai creata e la falla di sicurezza che potrebbe aver fatto finire i dati degli utenti nelle mani dei pubblicitari, questa notizia non aiuterà certo a risollevare la reputazione di Facebook. Almeno finché non si scoprirà che anche l’acerrima nemica Google ha la sua brava “macchina del fango”….

[Via | ZDNet – Photo Credits | Andrew Feinberg]