Megaupload, Kim Schmitz difende se stesso e il suo impero

Sono trascorsi poco più di dieci giorni da quando Kim Schmitz, il fondatore dell’impero Megaupload, è stato scarcerato su cauzione ottenendo nuovamente la sua libertà seppur sottoposta ad alcune limitazioni, almeno per il momento.

La libertà di Dotcom non sembrerebbe però essere stata cosa gradita alle autorità di Washington che, così come dichiarato, preferirebbero vedere il fondatore di Megaupload nuovamente dietro le sbarre, una richiesta questa che è però stata negata dal giudice.

Frattanto, comunque, Dotcom ha già avuto modo di rilasciare alcune interviste nelle quali, nonostante sia atteso l’esito del processo contro Megaupload, è apparso come tutt’altro che arrendevole.

Dotcom, infatti, ha fatto sapere che durante i giorni passati in cella ha avuto modo di riflettere attentamente sulla vicenda giungendo, infine, ad una precisa conclusione: “non possono vincere”.


Il fondatore di Megaupload continua a professare la buona fede del proprio operato sottolineando, appunto, come il suo team avesse provveduto a cancellare, volta dopo volta, i link verso il materiale protetto da copyright dichiarandosi inoltre favorevole nella lotta contro la pirateria.

A tal proposito, stando a quanto reso noto da Dotcom, Megaupload avrebbe stipulato accordi commerciali con quasi 200 operatori per la rimozione dei file illeciti e più di 15 milioni di link sarebbero stati abbattuti con tecnologie realizzate appositamente dalla piattaforma anche se l’associazione che negli Stati Uniti tutela l’industria cinematografica ha però fatto notare come Megaupload fosse già presente nella loro lista nera da almeno due anni a questa parte.

A detta di Dotcom, inoltre, il caso Megaupload sarebbe analogo a quello di YouTube, facendo riferimento alla vicenda con Viacom, sottolineando poi il fatto che, quasi sicuramente, se fosse stato in possesso degli stessi capitali di Google ora non sarebbe a rischio di tornare nuovamente in galera.

L’imputato, sostanzialmente, ha dichiarato quindi di essere finito in carcere soltanto perché visto come un bersaglio facile facendo notare anche come il suo arresto sia andato ad assumere un valore simbolico generando un vero e proprio terremoto nel mondo del file sharing.

Kim Schmitz, comunque, non ha mancato di scaricare le responsabilità della pirateria sulle spalle delle stesse Majors poiché, a suo detta, sarebbe loro la colpa di un sistema che prevede la distribuzione di film statunitensi al di fuori dei confini nazionali soltanto mesi e mesi dopo aver debuttato nelle sale cinematografiche.

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