Apple brevetta lo Slide to unlock: nuova guerra contro Android in vista

I guai non vengono mai da soli, lo sappiamo bene noi “comuni mortali“, sta iniziando a capirlo anche Google. Dopo il nuovo obolo da pagare a Microsoft, gli androidiani sono costretti ad incassare un nuovo colpo da Apple che dopo tanti anni (dal 2005, per l’esattezza) ha visto finalmente riconoscersi il brevetto per lo Slide to unlock, il meccanismo di sblocco degli smartphone dopo lo stand-by che prevede il trascinamento di un pulsante sullo schermo da sinistra verso destra.

Come mai il riconoscimento di un brevetto Apple per una funzione che l’azienda di Cupertino ha introdotto effettivamente per prima (con iPhone) dovrebbe preoccupare il mondo Android? Semplice, perché la maggior parte degli Android Phone e dei tablet con il sistema del robottino usano un meccanismo molto, molto simile per ritornare dallo standby. Ed anche perché il brevetto sarebbe molto fraintendibile nel caso in cui la Casa della mela decidesse di usarlo per mettere i bastoni fra le ruote a Google.


Eccolo il testo del brevetto (che potete trovare in originale qua): “Un dispositivo con un display sensibile al tatto può essere sbloccato tramite una gesture effettuata sul display stesso. Il dispositivo viene sbloccato se il contatto con il display corrisponde a una gesture predefinita per lo sblocco del dispositivo. Il display del dispositivo mostra una o più immagini per lo sblocco con le istruzioni per effettuare lo sblocco. L’effettuazione della gesture predefinita può includere lo spostamento dell’immagine per lo sblocco in un punto predefinito e/o lo spostamento dell’immagine di sblocco in un percorso predefinito. Il dispositivo può mostrare anche dei suggerimenti visivi relativi alla gesture predefinita sul touch screen in modo da ricordarla all’utente. Inoltre, c’è bisogno di un feedback sensoriale per l’utente riguardo il progresso verso la soddisfazione di una condizione di input richiesta per la transizione“.

Basta poco per immaginarsi questo brevetto in mano a un giudice con Apple da una parte e Google (o ancora una volta Samsung) dall’altra. A questo punto, la domanda da farsi non è più “perché?” ma “quando?”.

Via | ZDNet

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