RapidShare, il tribunale tedesco e l’applicazione dei filtri preventivi

Durante le ultime ore, a causa dell’insoddisfazione degli sforzi compiuti da RapidShare, il ben noto servizio di hosting remoto, nel mettersi d’accordo con i detentori di copyright, è giunta, direttamente dalla Germania, una sentenza che va a modificare in maniera radicale, o quasi, la modalità mediante la quale lo share-hosting viene visto dalla legge.

Secondo tale sentenza, resa nota dall’Alta Corte regionale di Amburgo, viene infatti comunicato che, non dovranno essere più i detentori del copyright a passare al setaccio i file depositati dagli utenti ma saranno invece i provider del servizio oggetto dell’attenzione ad avere il compito di tenere costantemente sotto controllo ciò che gli internauti scelgono di caricare sui loro server.


Il caso, nel dettaglio, ha avuto origine nel 2009, quando la GEMA, l’omologa tedesca dell’italiana SIAE, contestò a RapidShare la presenza non definibile esattamente come “regolare” di ben 5000 brani musicali sui server del servizio ottenendo poi la meglio in tribunale per ben due volte.

I responsabili di RapidShare, già da qualche tempo impegnati nel cercare di operare in linea con le regole del mercato, prendendo come riferimento la sentenza SABAM contro Netlog con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha negato ai provider la pesante responsabilità tirate ora in ballo dalla Germania, non ha intenzione di farsi carico di un’impossibile procedura di controllo preventivo ed ha già dichiarato che provvederà quanto prima a fare ricorso.

Ovviamente appare opportuno sottolineare il fatto che l’applicazione di una massiccia procedura di controllo preventivo andrebbe ad incidere in maniera inevitabile sulle attività, sull’organizzazione e sulle entrate di RapidShare.