Da quando Twitter ha spopolato sul web, generando sempre più consensi e visitatori unici al mese, gli altri social network hanno incominciato ad implementare la funzione principale di Twitter, lo stream.
Facebook non è stato da meno, e con il restyling della homepage prima e delle fan pages poi di qualche mese fa, ha provveduto ad introdurre lo strumento all’ultima moda. Nonostante ciò ha mantenuto la sua particolarità, ovvero mentre su Twitter lo stream è pubblico e i contenuti che generate sono pensati per essere diffusi attraverso una folla indistinta di utenti, Facebook si è sempre basato su network composti di contatti personali e reali. Dalla sua nascita in quanto piattaforma di condivisione per colleghi di college, ha mantenuto questo aspetto diffondendosi a livello planetario, ma sempre attraverso cerchi concatenati di connessioni.
Il cambiamento di stile non ha intaccato questa caratteristica, pur aumentandone la viralità. Lo stream facilita la pubblicazione di contenuti, che siano testuali, link, foto etc. e li diffonde pubblicando direttamente sulle homepage dei propri contatti, ma rendendo i contenuti inaccessibili per chiunque non sia nella vostra friend list a meno che non vogliate che siano pubblici.
Questa la principale differenza fra Twitter e Facebook dal punto di vista delle dinamiche sociali. Su Twitter puntate a far crescere la vostra rete di contatti all’interno di una “folla” virtuale, su Facebook cercate le persone che avete conosciuto realmente e al massimo entrate in contatto con amici di amici.
Ma cosa comporta in termini di contenuti e accessibilità di questi ultimi?
I contenuti di Twitter sono pubblici e pensati per essere in quato tali. Se avete voglia di gridare al mondo che il vostro governo non vi rappresenta, come sta accadendo in questi ultimi giorni in Iran, usate Twitter, che assicura una diffusione generalizzata dell’informazione. Se invece volete semplicemente raccontare di quanto è stato frustrante trovare le chiavi di casa stamane, il posto migliore è lo status update di Facebook, i vostri contatti reali riceveranno quell’informazione e probabilmente vi lasceranno un commento.
Con l’annuncio del beta testing di una nuova funzione, la ricerca all’interno dei contenuti, Facebook sta mostrando di voler cambiare rotta, o quanto meno vuole intaccare il monopolio di Twitter sul micro-blogging. Una differenza cruciale infatti è che mentre Twitter può disporre di un motore di cricerca per i contenuti, dal momento che i contenuti sono pubblici, tanto da far muovere lo stesso Google per aggiornarsi sulle ricerche in real-time, Facebook non può, dal momento che i contenuti sono principalmente privati e di conseguenza una ricerca sarebbe limitata alla propria rete di contatti.
Il fatto che Facebook voglia introdurre questa funzione aggiunto all’annuncio del “everyone button” non può non farci riflettere. Con i suoi 270 milioni di utenti Facebook avrebbe il potenziale numerico per diventare l’indiscusso monopolista del real-time blogging. Questo se non fosse per la prevalente caratteristica comunitaria di Facebook. I trilioni di byte di contenuti di Facebook, come abbiamo detto, si muovono per cerchie ristrette e sono recintati dai privacy settings di ogni utente. Perché Facebook possa sfruttare il proprio potenziale questi dovrebbero essere liberati e la cosa non può non spaventarci. Non poche volte Facebook ha mostrato di poter cambiare unilateralmente i propri ToS (Terms of Service), e non vorremmo trovare nel prossimo futuro i nostri status update pubblicamente fruibili e ricercabili. Per molti utenti questo significherebbe essere completamente profilabili e quelli che credevamo essere contenuti riservati ai nostri amici, di colpo sarebbero a disposizione di chiunque.
Anche se questa possibilità fa rabbrividire forse non c’è troppo da temere, un’azione del genere avrebbe una risonanza enorme e potrebbe essere un autogol per il social network più diffuso al mondo. Un modo più soft potrebbe essere quello di implementare nelle opzioni di pubblicazione la possibilità di scegliere, contenuto per contenuto, cosa inviare sullo stream pubblico, e cosa riservare ai nostri amici, ma sembrerebbe un goffo adattamento e non riscuoterebbe il successo deisderato. Gli utenti non vogliono cliccare troppo e preferiscono utilizzare servizi minimali, che non richiedono troppo impegno oltre la generazione dei contenuti. Già i privacy settings di Facebook sono fra se non i più criptici che si possano trovare sulla rete, con oltre 30 opzioni, la maggior parte degli utenti semplicemente non gli fa caso, complicarli ulteriormente sarebbe inutile.
In conclusione la strada che sta intraprendendo Facebook sembra preannunciare un buco nell’acqua, tuttalpiù potrebbe incuriosire qualche milione di utenti e direzionarli su Twitter. I servizi di maggior successo sulla rete offrono poche funzioni, efficienti e ben definite. Cercare di aggregare ogni novità di successo nella propria piattaforma rischia di creare confusione negli utenti, e quando gli utenti sono confusi semplicemente tornano su Google e cercano qualche altra cosa. Ma potrei sbagliarmi, Mark Zuckerberger e il suo team potrebbero avere in serbo per noi qualche brillante idea. Staremo a vedere e terremo d’occhio per voi i ToS di Facebook in caso l’idea brillante dovesse essere un brutto scherzo.