Con un discreto buzz generato negli ultimi giorni Opera ha annunciato che avrebbe reinventato il Web con il suo nuovo Browser. Finalmente il buzz ha raggiunto la sua realizzazione con il rilascio della beta di Opera Unite, che più che un nuovo browser è un plugin a Opera che trasforma il vostro terminale in un WebServer, ma andiamo nel dettaglio.
Scaricando la versione per PC/Mac/Linux di Opera Unite sarete in grado di usufruire di una piattaforma di condivisione che non si basa più sul cloud computing, ma che rende la vostra macchina un server user friendly. Attraverso Opera Unite infatti sarete in grado di creare chatroom, condividere file, musica, foto, avere un Wall nella forma di un frigorifero sul quale, secondo i permessi da voi impostati, gli altri utenti saranno in grado di lasciare delle note.
La cosa interessante di questo Browser è che non prevede la necessità per gli altri utenti di utilizzare lo stesso software per interagire con i servizi da voi offerti, ma genera delle URL liberamente diffondibili a chiunque disponga di una connessione internet. Inoltre ha un approccio Widget Based, con la possibilità di utilizzare delle API che permetteranno alla community di sviluppare ogni tipo di gadget dovesse mancare dalla casa madre.
Opera Unite ha il merito di presentarsi con una grafica particolarmente intuitiva e pone in primo piano i servizi elencati così che qualunque utente, a prescindere dal suo grado di conoscenza, sia spinto ad utilizzarli. Finito l’entusiasmo dei primi minuti, ad un’analisi più obiettiva, Opera Unite rivela i suoi limiti riassumibili in una semplice domanda; dov’è la novità?
Nelle parole di Lawrence Eng Opera Unite vuole essere una risposta ad un dilemma che sempre più ossessiona la blogosfera. Nell’era del cloud computing tutti noi abbiamo i nostri dati conservati su server locati chissà dove nel mondo, le nostre piattaforme di comunicazione sono possedute da aziende che ci assicureranno i loro servizi fino a quando ne trarranno profitto, molti hanno sostituito lo status update di Facebook al proprio diario e il nostro account GMail contiene informazioni fondamentali alla nostra vita. Tutto questo spaventa se si pensa che in conclusione, non abbiamo nessun controllo fisico sui nostri dati.
Nell’intensione di Opera Unite c’è il tentativo di “liberare gli utenti dalla schiavitù del cloud computing” e rendere ognuno il depositario dei propri contenuti? Lodevole missione, ma senza le basi per essere compiuta. I motivi per cui ci affidiamo ai servizi di cloud computing anziché essere noi il centro del nostro hosting sono vari. In primo luogo infrastrutturali, la stragrande maggioranza degli utenti non dispone di banda sufficiente, ne di un computer altrettanto performante, per gestire lo scambio di informazioni che avviene con centinaia di contatti ogni giorno. Il secondo motivo è di tipo sociale, dal secoli viviamo in una società fondata sull’interdipendenza, alziamo il telefono e chiamiamo un amico pur non essendo dei gestori telefonici, possiamo mangiare una zuppa di verdure pur non avendo l’orto dietro casa etc.
Non c’è dubbio che la questione della proprietà dei propri dati va affrontata al più presto. Hosting non può voler dire possedere, l’utente deve poter mantenere il controllo sui propri dati. E’ una questione che va affrontata non con un nuovo software o una nuova teconologia, ma con altri mezzi, con mezzi legali. Come si tutela il diritto all’immagine andrebbe tutelato il diritto al contenuto, ma questa è una quesitone molto ampia e ci piacerebbe sapere voi cosa ne pensate.
#1Cheope
Concordo pienamente con te. Il CC sicuramente necessita di maggior controllo, una sorta di regolamentazione internazionale (come il diritto d’autore, ma è un’altra rogna) perchè implica solo “fiducia” in chi custodisce i nostri dati, a pagamento o no.
Ma il CC ha vantaggi indubbi. Uno su tutti, se il computer muore, muoiono anche i miei dati con lui se non ho fatto i backup. Se sono fuori casa, in qualsiasi parte del mondo, se ho una connessione ad internet ho sempre i miei dati sparsi in giro per la rete da consultare. Non ho bisogno di dispositivi particolarmente potenti per accedere ai miei dati, perchè il cuore delle applicazioni è on-line. Unica pecca è che bisogna essere sempre connessi, ma a questo problema ci stanno già lavorando con soluzioni ottime come Google Gears. Che dire. Io non farei cambio, non tornerei al fat client, alla posta scaricata via pop3 sul computer di casa.
Certo, se Google domani chiudesse sarei un po’ nella cacca, ma saremmo milioni di utenti a rivendicare i nostri dati. Sono più diffidente verso i social network. Li considero una bolla, una moda che purtroppo, a causa all’uso stupido che se ne fa, passerà in fretta, mentre ho molta fiducia nei servizi di storage on-line, che hanno un boom negli ultimi tempi.
Ma tornare indietro di 4-5 anni utilizzando i client come server non credo sia una mossa intelligente. IMHO è come tornare a usare la posta “analogica” perchè riceviamo megabytes di spam. E’ una soluzione, ma non la soluzione al problema.
Mi delude Opera con questa “scoperta dell’acqua calda”, soprattutto dopo il clamore e gli articoli pubblicati su DevOpera. Poi, oltre alla presunta scarsa utilità di un’idea come Unite, si aggiunge il fatto che Opera è un browser d’elite, usato prettamente da sviluppatori e smanettoni che ne sanno apprezzare le doti a fronte dei browser più blasonati. Opera non ha i numeri per diffondere una tecnologia del genere, che probabilmente resterà un virtuosismo più che un servizio in grado di cambiare il modo di gestire i dati oggi su larga scala.
#2Luckz
Lo sto gia provando da ieri, ecco l’ultima magia di Opera ed ora vediamo chi sarà il primo a copiarlo.
#3samuele
bell’articolo,complimenti!
#4lapulce
Luckz dice:
Firefox ovviamente, come al solito…
Inutile ribadirlo, Opera è IL browser e ha inventato tutto quello a cui siamo oramai abituati.
Pensa che mi cascano le braccia quando becco la solita gente convinta che le tab le abbiano inventate con firefox -_-