Il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, ha accolto le proteste degli utenti e delle associazioni a tutela della privacy modificando – con un emendamento dell’ultimo minuto – il testo liberticida sulle connessioni Wi-Fi pubbliche partorito la settimana scorsa dalla Commissione Trasporti, Poste e telecomunicazioni. Salta così l’obbligo di tracciare IP e MAC address degli utenti e si dice definitivamente addio alla necessità di rivolgersi a installatori certificati per allacciare la rete nei locali pubblici.
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Wi-Fi pubblico, nuovi ostacoli alla liberalizzazione
Il tanto decantato Decreto del fare, che prometteva di normalizzare la situazione del Wi-Fi pubblico nel nostro Paese, si sta sgretolando giorno dopo giorno.
In principio, ne fu presentata una bozza che assicurava la totale rimozione delle assurde restrizioni imposte ai gestori dei locali pubblici dalla vecchia legge Pisanu, poi è arrivata la versione finale della normativa che ha disatteso completamente le aspettative ed ora – a conferma che non c’è mai limite al peggio – sono stati approvati in Commissione Trasporti, Poste e telecomunicazioni due emendamenti che rendono ancora più complessa la situazione.
Google e gli stratagemmi fiscali alle Bermuda
Così come già fatto da varie altre aziende di una certa stazza appartenenti al settore dell’IT anche Google si è affidata ai paradisi fiscali nel tentativo di pagare meno tasse ed evitando, in tal modo, di dover versare, anno dopo anno, miliardi di dollari nelle casse dei paesi in cui opera e, nello specifico, di quelli europei.
Già negli scorsi giorni, in seguito alla visita della Guardia di Finanza negli uffici italiani di Google, si era iniziato a parlare della questione approfondita poi nel corso delle ultime ore in seguito ad un interessante report pubblicato da Bloomberg.
Nel dettaglio, nel 2011 Google ha evitato di pagare circa 2 miliardi di dollari di tasse sul reddito aziendale trasferendo fatturato per 9,8 miliardi di dollari a una società di comodo alle Bermuda.
Google Italia, il Fisco chiede il pagamento di 96 milioni di euro
Essendo Google un delle aziende operanti, insieme a tante altre, in Italia è tenuta a rispettarne le leggi comprese quelle relative al Fisco che, appunto, proprio nel corso delle ultime ore ha richiesto il versamento nelle proprie casse della modica cifra di ben 96 milioni di euro.
In base a tutta una serie di appositi controlli condotti, recentemente, dalla Guardia di Finanza per il “riscontro del corretto adempimento degli obblighi fiscali in Italia” sarebbero stati evidenziati redditi non dichiarati al Fisco italiano per un totale di circa 240 milioni di euro e per quanto concerne l’Iva le Fiamme Gialle avrebbero rilevato il mancato versamento, da parte di Google Italia, di un importo pari a ben 96 milioni di euro.
Non è comunque una novità quella che che aziende come big G, sfruttando il fatto che svolgono la loro attività online, si trovano una sede legale in paesi dove la pressione fiscale è molto più vantaggiosa continuando però a svolgere il proprio operato ovunque.
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