Conseguenzialmente al sequestro dei domini Megaupload e dei beni ad esso relativi e successivamente all’arresto dei responsabili dell’intera iniziativa la perdita definitiva dei dati conservati dagli utenti sul ben noto servizio potrebbe essere soltanto questione di giorni.
La rimozione dei dati degli utenti, però, stando a quanto spiegato dall’Associated Press, non andrebbe a configurarsi come un’azione diretta delle autorità (i dati, infatti, non sono in alcun modo sotto sequestro) ma, piuttosto, come una semplice ed inevitabile conseguenza indiretta, un effetto collaterale, dell’intera operazione.
Megaupload, infatti, archiviava tutti i molteplici dati dell’utenza su server esterni gestiti gestiti da Carpathia Hosting Inc. e Cogent Communications Group Inc. per cui in seguito all’intero congelamento dei beni e dei conti correnti bancari di Dotcom e soci anche il flusso dei pagamenti destinato alle aziende in questione è stato interrotto.
Le aziende, quindi, non percependo il pagamento potrebbero procedere con l’interruzione del ervizio di archiviazione dei dati in questione da un momento all’altro, così come dichiarato anche dalle autorità.
Tenendo conto di quanto appena affermato ogni eventuale problema relativo all’archiviazione dei dati ed alla perdita degli stessi va dunque risolto con le aziende coinvolte.
In merito alla vicenda Ira Rothken, avvocato a cui è stato affidato il caso Megaupload, partendo dal presupposto che la tutela dei dati legittimi degli utenti è negli interessi degli Stati Uniti e dei relativi principi di libertà, spera di riuscire a trovare un accordo per sbloccare una parte del denaro congelato in modo tale da poter continuare ad offrire un servizio agli utenti.
In ogni caso il Partito Pirata Catalano, alcuni giorni addietro, ha provveduto a preparare una class action globale contro la chiusura del servizio nel tentativo di tutelare, per quanto possibile tutti gli utenti che intendono entrare nuovamente in possesso dei propri file archiviati su Megaupload.
#1Phoenix
Chissà come saranno incazzate nere quelle persone che lo usavano legalmente, hostando dati sensibili di lavoro magari, o documenti di famiglia, e che pagavano pure l’abbonamento premium…chi li ripaga?