I motori di ricerca, così come nel caso di Google, non sono responsabili in alcun modo dei dati personali che vengono pubblicati sulle pagine web indicizzate. È questo il parare dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea chiamato ad esprimersi in merito una vecchia querelle tra la divisione spagnola di Google e l’Agencia Española de Protección de Datos.
La vicenda ha avuto inizio nell’oramai lontano 1998 un quotidiano spagnolo pubblicò due annunci d’asta legati a fallimenti citando il nome di una persona. L’articolo in questione venne poi ripubblicato sul sito web della testata.
Nel 2009 il protagonista della vicenda decisa di rivolgersi all’editore poiché aveva notato che digitando il suo nome e cognome su Google nei risultati di ricerca continuavano ad essere mostrati dei riferimenti al fatidico articolo.
Il protagonista fece richiesta di cancellare il testo ma non fu possibile intervenire poiché la pubblicazione di tali dati era condizionata da un ordine del Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali spagnolo.
Il protagonista della vicenda decise quindi di rivolgersi alla Agencia Española de Protección de Datos per obbligare l’editore e Google Spagna ad agire.
A luglio del 2010 l’autorità spagnola intimò la rimozione dei dati. L’editore vinse la causa appellandosi alla libertà di stampa mentre per Google la strada risulto ben più tortuosa sino ad arrivare alla Corte Suprema che a sua volta decise di rivolgersi alla Corte di Giustizia UE.
La questione adesso è finalmente stata definita. L’avvocato generale ha riconosciuto le ragioni di Google: secondo la Data Protection Directive il “controllore” è la persona o l’entità che da solo o con altri determina le finalità e gli strumenti del trattamento dei dati personali. Fornire gli strumenti per individuare informazioni non implica quindi il controllo sui contenuti delle pagine web di terze parti e dei dati personali pubblicati.
In riferimento alla vicenda Google non può quindi essere ritenuta responsabile.