Dopo oltre un decennio di crescita inarrestabile iTunes Store, il negozio di musica di Apple, ha registrato il suo primo calo storico, perdendo, tra il 2012 ed il 2013, ben il 5,7% delle vendite, passando da 1,34 miliardi di brani a 1,25 e registrando una piccola caduta anche per gli album completi scesi dello 0,1% da 117,7 a 117,6 milioni.
Ma perchè è accaduto tutto ciò dopo anni ed anni di “onorata carriera”? La colpa, a quanto pare, è da dare in buona parte alle applicazioni.
A parlarne è Horace Dediu, analista di Asymco, secondo cui i servizi di streaming legali (come nel caso di Spotify e di YouTube, per citarne alcuni) centrerebbero davvero poco. Sarebbe infatti l’utente stesso a decidere se ascoltare più o meno musica e ad influire su tale decisione pare siano proprio le applicazioni per le quali, appunto, gran parte delle persone decidono di spendere il proprio budget e con cui scelgono di passare il proprio tempo libero.
Ad essere preponderante in tal senso è dunque in primis il fattore economico. Il budget del consumatore allo stato attuale delle cose si divide infatti tra servizi multipli ed a parità di quantità massima di denaro disponibile è naturale che gli acquisti musicali subiscano una riduzione dovendo l’utente investire i propri soldi in più risorse. Anche il fattore tempo ha però la sua importanza. Il tempo da dedicare agli hobby è rimasto invariato ma il consumatore deve ora dividersi tra una gran quantità di attività digitali diverse su cui le app, considerando i loro infiniti usi, hanno un peso tutt’altro che indifferente.
I consumatori hanno un ammontare di tempo fisso, un limite molto più rigido rispetto a quello del budget di spesa. La competizione per una fetta del tempo dell’utente è più dura rispetto a quella di una parte del suo portafoglio. Quel che è stupefacente è quanto le app siano riuscite ad accaparrarsi di questo ammontare.
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