Dopo un’intera giornata di alti e bassi GMail è definitivamente caduto intorno le 22 ora italiana. Già altre due volte nell’ultimo anno è accaduto e la reazione è sempre la stessa, panico.
Sulla rete sono istantaneamente comparsi post sui blog più letti della blogosfera oltre a decine di migliaia di tweets, dai più deliranti ai più sobri che null’altro che facevano che comunicare al mondo intero la propria frustrazione. In questi casi inevitabilmente ci si ritrova a pensare a quanto Google sia fondamentale nelle nostre vite.
Probabilmente possiamo cambiare numero di telefono senza necessariamente aggiornare tutte le nostre centinaia di contatti, ma il nostro indirizzo email è il punto fisso, ancora il cuore pulsante della nostra attività in rete. Senza quell’indirizzo niente recovery password, niente nuove registrazioni, comunicazioni urgenti o meno che siano, insomma, nonostante esistano svariate decine di metodi alternativi per comunicare, il down di GMail per milioni di utenti significa black out delle comunicazioni.
Tralasciando questa discussione della quale la rete è più che satura, concentriamoci un attimo sull’aspetto real time della comunicazione. Di istinto la prima cosa che si fa el momento in cui si cercano informazioni su un evento del genere, accaduto da pochi minuti se non secondi è di effettuare una ricerca su Twitter.