Google omaggia Hermann Rorschach con un doodle interattivo

Google omaggia Hermann Rorschach con un doodle interattivo

Google omaggia Hermann Rorschach con un doodle interattivo

Chi, quest’oggi, ha già vistato la homepage di Google avrà senz’altro avuto modo di notare che il tradizionale logo del colosso di Mountain View presente al di sopra del campo di ricerca è stato rimpiazzato da un nuovo doodle. Lo “scarabocchio” del giorno è infatti un omaggio allo psichiatra svizzero Hermann Rorschach in occasione del 129esimo anniversario dalla nascita.

Grazie al doodle interattivo proposto oggi da big G gli internauti possono sottoporsi ad una versione semplificata del Test di Rorschach condividendo poi ciò che viene visualizzato nelle macchie d’inchiostro (anche se in questo sarebbe meglio dire “di pixel”) su Facebook, su Twitter e/o su Google+.

Hermann Rorschach, per chi non lo sapesse, è colui che ha, per così dire, rivoluzionato la psichiatria. Nel 1909 Rorschach conseguì infatti la laurea in psichiatria dedicandosi poi negli anni successivi ad esperimenti di kleksografia, ovvero quella che, detta in altri termini, viene identificata come l’analisi delle differenti interpretazioni che i pazienti forniscono osservando dei fogli con disegni asimmetrici. Sulla base di tali esperimenti nacque poi negli anni successivi il Test, quello che ora Google propone ai suoi utenti, che ancora oggi porta il nome di Rorschach.

Desktop, desktop delle mie brame…

E’ davvero da tantissimo tempo che, cari lettori, non ci occupiamo di filosofia geek. Chi ci segue da un po’ di tempo, saprà che quel “cari lettori” non è del tutto casuale, ma è incipit marcatore dei pezzi di morale geek. Poiché il tempo, oggi, è dalla mia, vi sottopongo un’interessante notizia concernente i risultati di uno studio di psicologia e informatica.

Donna Dawson, esperta comportamentista americana, in collaborazione con la società di Redmond, ha effettuato uno studio su un campione di desktops di impiegati statunitensi e, grazie alla disposizione di icone e dell’ambiente di lavoro, è riuscita a teorizzare alcuni caratteri riflessi comuni ai diversi utenti, che in seguito riassumiamo.

La musica? Facciamola suonare ai musicisti, più che ai computer

Piano

Il titolo del post sembrerebbe provocatorio, ma invece è serissimo. Sappiamo che i computer sono in grado ormai di eseguire ogni tipo di musica ma… il nostro cervello si accorge che la musica la sta suonando un computer, al posto di una persona in carne ed ossa. È quanto emerge da uno studio dell’università del Sussex, in Inghilterra. I neuroscienziati, in particolare, hanno analizzato le risposte delle onde cerebrali di fronte all’ascolto di un pezzo al pianoforte, suonato prima da un musicista, poi da un computer.

I risultati sono abbastanza sorprendenti: ci si emoziona molto di più ascoltando gli accordi del “vero” pianista, anche se poi all’orecchio non allenato musicalmente le due esecuzioni sembrano apparentemente identiche. Tra l’altro, il test è stato effettuato proprio su ascoltatori non professionisti, cioè gente comune, ovviamente non al corrente di chi stava suonando in quel momento. Analizzando le onde provenienti dagli elettroencefalogrammi emerge che l’attività cerebrale è di gran lunga più attiva nei momenti in cui la musica cambia tonalità o arrivano delle note inaspettate da parte del cervello… ma solo se a suonare è un pianista.

“Drogati” per il telefonino? In Spagna due ragazzi sono stati addirittura condannati a trattamento sanitario obbligatorio in una clinica psichiatrica!

Cellulari

Se non riuscite a staccarvi dal cellulare e guardate il telefonino in continuazione, allora forse avete qualche problema serio. La pensano così in Spagna, dove due ragazzini di dodici e tredici anni sono stati obbligati a trattamento sanitario obbligatorio in una clinica psichiatrica per essere curati da una droga molto particolare: la droga da cellulare.

I ragazzini sono stati portati in clinica perché, a quanto pare, i genitori hanno affermato che non riuscivano più a portare avanti le loro normali attività senza avere tra le mani il “maledetto” oggetto di comunicazione. Tra l’altro, l’anno scolastico non è finito bene per loro, e avevano anche iniziato a dire bugie ai genitori per cercare di racimolare qualche soldino in più per le ricariche telefoniche. Nel Centro per l’igiene mentale per bambini e ragazzi di Lleida, vicino Barcellona, i ragazzi impareranno a disintossicarsi: “È la prima volta che ci capita una malattia del genere – ha spiegato il direttore del Centro, il dottor Maite Utges”.

“Perché scrivo sul blog? Perché me l’ha detto il dottore”

Ospedal

A chi vi chiede il perché passiate tanto tempo davanti al computer a scrivere ed ad aggiornare il vostro blog, ora potete rispondere che ve l’ha detto il dottore. Scherzi a parte, da uno studio appena pubblicato su Scientific American emerge che la blogosfera si è andata sempre più riempiendo negli ultimi anni proprio a causa dei benefici terapeutici che lo scrivere riguardo a esperienze personali, pensieri e sentimenti porta. Insomma: scrivere di sé e dei propri problemi per degli sconosciuti produrrebbe molti benefici psicologici.

Secondo i ricercatori, scrivere su un blog migliora la memoria e il sonno, migliora l’attività delle cellule immunitarie e riduce il carico virale nei pazienti affetti da Hiv; addirittura, velocizza le guarigioni dopo le operazioni chirurgiche. Tra l’altro – e questa è una notizia davvero bella – sembra che i pazienti di oncologia (quindi affetti da cancro) che iniziano a scrivere poco prima di iniziare le cure, si sentono poi molto meglio, mentalmente e fisicamente, di coloro che non fanno blogging. Insomma, spiega Alice Flaherty, neuroscienziata dell’università di Harvard e del Massachusetts General Hospital, l’uomo è un animale sociale, e lamentarsi e parlare dei propri problemi diventa un po’ una specie di “placebo per diventare più soddisfatti”.

“In internet ci sono troppe distrazioni, e in questo modo non stiamo preparando i nostri figli per il futuro”

Ragazzi

Ogni giorno se ne sente una, dal punto di vista del comportamento delle persone in rete. Questa volta partiamo da un articolo abbastanza particolare, che spiega come i servizi del Web 2.0 portino molta distrazione, soprattutto a chi dovrebbe utilizzare la rete per studio o lavoro. Secondo un gruppo di ricercatori, facciamo notte per studiare, frequentiamo tutti i corsi all’università, ci facciamo il mazzo… ma poi ci perdiamo in un bicchiere d’acqua utilizzando YouTube, Facebook, Digg, Neatorama, eBay, Flickr, Amazon (e così via). Per non parlare dei siti porno o dei giochi online.

Secondo l’articolo, insomma, ogni volta che stiamo lavorando e che ci sentiamo stressati o oberati dal lavoro, ecco che con pochi click capitiamo quasi senza volerlo su siti assolutamente inutili che sono divertenti ma ci fanno perdere un mucchio di tempo. Secondo questa scuola di pensiero, “internet è uno strumento incredibile per quanto riguarda la produttività e offre l’accesso a una mole immensa di informazioni. Ma distrae troppo. E rende la concentrazione sul lavoro sempre più difficile da ottenere”.