Come accennato qualche giorno fa, ci siamo riservati il trattamento di argomenti di un certo calibro in questi giorni prenatalizi, di “vacanza” (si fa per dire). Il caso vuole che Google abbia proposto in questi giorni una tematica molto importante, che necessita di un gransalto di qualità, da geek “tecnico” a geek “filosofo”. Il bravo geek è anche questo.
Leggevo l’altro ieri su Repubblica.it l’interessantissimo articolo di Massimo Russo che rimanda al Wall Street Journal, in uno squisito reportage di V. Kumar e C. Rhoads. Dopo aver raccolto qualche informazione in più ed approfondito l’argomento, desidero oggi sottoporvi il caso che, nella fattispecie, intacca un nervo delicatissimo e fondamentale della Rete: la Net Neutrality (in seguito abbreviato n.n.).
Procediamo con ordine: la ben nota società di Mountain View, che non ha certo bisogno di presentazioni, ha proposto ai principali providers americani la costruzione di una Rete di accesso privilegiata, superveloce, dedicata ai suoi contenuti. Queste parole risuonano amare, specie se pronunciate da una delle aziende che da sempre sostiene la parità di accesso e di distribuzione per tutti i content providers.
OpenEdge (così è stato battezzata l’iniziativa), insomma, porterebbe Google a scontrarsi con una delle colonne sulle quali è stato edificato il Web, specialmente negli ultimi anni: la net neutrality, neutralità della Rete. Il concetto, che in principio regolava solamente la concorrenza tra compagnie telefoniche, si è esteso anche al Web. Accademicamente, non esiste una definizione precisa di n.n.; notevole e di facile comprensione è quella proposta da Tim Berners-Lee, il padre del Web:
If I pay to connect to the Net with a certain quality of service, and you pay to connect with that or greater quality of service, then we can communicate at that level.
Ergo
Se io pago per connettermi alla rete con una certa qualità del servizio, e tu paghi per connetterti alla rete con una qualità del servizio uguale o migliore, poi io e te possiamo comunicare attraverso la rete con questa qualità del servizio.
Tim sostiene, quindi, che la differenza tra la qualità dei servizi è possibile. In effetti, il concetto di n.n. è del tutto astratto, ideale, verso il quale i providers possono tendere. E’ interessante, inoltre, scoprire la definizione che lo stesso Google propone sulla sua pagina esplicativa sull’argomento:
Network neutrality is the principle that Internet users should be in control of what content they view and what applications they use on the Internet.
Cioè
La network neutrality è il principio per cui gli utenti di Internet dovrebbero avere il controllo su cosa possono vedere e quali applicazioni vogliono usare su internet.
(Evidenziazioni a mio carico)
I geek che seguono la politica, poi, ricorderanno certamente l’impegno del neopresidente USA Barack Obama, a favore della Rete neutrale. Proprio nella sede californiana di Google, l’allora candidato si apprestava a definire la sua posizione, del tutto favorevole, nei confronti della neutrality. Influenzato e consigliato, tra l’altro, da Lawrence Lessig, Internet Law professor di chiara fama a Stanford.
Nonostante i buoni propositi dell’ex senatore dell’Illinois, sia Microsoft che Yahoo!, che si erano strette a coorte per ottenere la Rete neutrale, oggi sembrano aver perso la sensibilità che avevano dedicato al problema. Basti pensare che, nel 2006, secondo Microsoft
… salvare la neutralità delle reti può essere determinante per stabilire se gli Usa continueranno a essere il paese guida in termini di tecnologia Internet.
E’ opportuno, però, che le figure influenti della Rete definiscano la loro posizione, anche in vista di un’importante data, a metà dell’anno venturo: scadrà una moratoria sulla network neutrality e dovranno essere riorganizzati i principi tuttora vigenti negli US, emanati dalla FCC (Federal Communications Commission).
In definitiva, proviamo ad immaginare: avviando il browser… Appare un popup, che richiede la controllo della connessione, per verificare a quale categoria si appartiene: fascia alta, connessione veloce, oppure seconda classe, connessione lenta, intasata, piena. No. Il web così mai.
Mi esprimo raramente, ma stavolta non posso farne a meno ed esorto tutti voi, amici geeks, a dire la vostra e prendere posizione. Un Web così è fuori da qualsiasi ottica etica e morale. Imprenditoriale, forse. Ma il Web è l’unico posto dove tutti sono padroni di tutto. E’ un mondo troppo vasto, il simbolo della libertà. Pensaci, Google: un cavallo del genere non si imbriglia così facilmente!
Consigliamo, naturalmente, la lettura dell’inchiesta integrale sul Wall Street Journal.
Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro una buona (e libera, ora e sempre) navigazione 😀 A presto!
#1Marco
Ehm… il WSJ ha preso una bufala (e Repubblica ha seguito): Punto Informatico (http://punto-informatico.it/2506903/PI/News/wsj-vaticina-rete-due-velocita.aspx) e altri hanno confermato che il giornale si è fatto abbagliare da un intervento sul sito di Google interpretato male. Leggendo l’intervento stesso le cose appaiono in modo diverso.
Infine, un conto è che il fornitore di connettività scelga a cosa possano accedere i propri utenti, un altro è che un fornitore di contenuti crei una rete di server di prossimità per fornire più velocemente i propri contenuti (perché OpenEdge è questo: una cache, un proxy globale – http://whiteafrican.com/2008/07/04/google-kenya-and-the-google-global-cache/)
Marco
#2Manu
Certo, sono molto belle le idee sulla libertà, l’etica e la morale, ma parliamo concretamente: è davvero così? Sarebbe stupido pensare che Internet non sottostia alle leggi dell’economia e del profitto. Tutto il mondo gira così, perchè Internet dovrebbe fare eccezione?
Ricordiamoci che tutto il web gira grazie ai server di 4/5 enormi Croporations, che non sono delle Onlus e, al momento di batter cassa e far valere i loro personalissimi interessi, sono in prima fila.
Sinceramente l’idea di una Internet superveloce non mi dispiace, perchè porrebbe gli Internet facilitators (providers in primis) nella condizione di dover migliorare la tecnologia, in un costante miglioramento.
E’ una banale legge dell’economia: se la tecnologia è “sdoganata” e “sciolta”, la lotta tra i diversi competitors porta solo a dei vantaggi, innanzitutto tecnologici e poi anche di qualità di offerta (minori prezzi e più alti vantaggi).