Servizi come Spotify hanno rappresentato la seconda più importante rivoluzione del mercato musicale in tutto il mondo. La prima, come noto, fu quella propiziata da Steve Jobs nel 2003 con l’apertura di iTunes Store e la conseguente adozione, da parte del grande pubblico, di un sistema per il download di album (e soprattutto brani singoli) a pagamento.
Basta dunque fare “2+2” per capire quanto Apple sia stata urtata dal boom di questo tipo di piattaforme. Servizi come iTunes Match e iTunes Radio – progettati non benissimo o arrivati in ritardo rispetto alla concorrenza – non sono serviti a tamponare l’emorragia che ha visto scendere del 5,7% le vendite di musica digitale nel 2013[1], e così la guerra di Apple a Spotify, o meglio al suo modello di business, si fa sempre più accesa.
Secondo quanto riportato da BillBoard, il colosso di Cupertino starebbe facendo pressione sulle case discografiche affinché queste ultime prediligano i sistemi di download della musica – com’è per l’appunto iTunes – a quelli per lo streaming, Spotify ma anche YouTube su tutti.
In un meeting svoltosi a gennaio, durante la settimana dei Grammy, una delegazione di Apple guidata dal music chief Robert Kondrk avrebbe parlato con le major cercando di indirizzarle verso operazioni come quelle di “Beyonce”, album dell’omonima cantante statunitense che lo scorso dicembre è stato lanciato con un’esclusiva temporale su iTunes per una settimana e ha venduto oltre 1 milione di copie.
L’opera era scaricabile solo per intero, non era dunque possibile acquistare i singoli brani, e secondo i dirigenti della mela morsicata questo modello potrebbe rivelarsi vincente. L’esclusiva di piattaforma non è importante, gli album possono essere rilasciati anche su servizi diversi da iTunes – avrebbe detto Kondrk – ma è fondamentale che questi siano acquistabili solo “in blocco” (andando anche contro il credo di Steve Jobs) senza passare per i servizi di streaming. Almeno inizialmente.
Considerando che il download diretto di brani e album permette di monetizzare maggiormente, e più in fretta, rispetto allo streaming, non è escluso che le etichette discografiche seguano il “suggerimento” di Apple. Ma questo, secondo molti, significherebbe un passo indietro per l’intero mercato che proprio grazie allo streaming sta rendendo i contenuti piratati meno appetibili agli occhi (anzi, alle orecchie) di molti utenti.
[Photo credits | Jason H. Smith]
Note:
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Secondo Nielsen SoundScan, le vendite di brani online sono scese da 1.34 miliardi a 1.26 miliardi rispetto all’anno precedente. ↩