Anonymous 5 novembre Operazione vendetta

Anonymous ricorda il 5 novembre ed attacca PayPal, Symantec e altri

Anonymous 5 novembre Operazione vendetta

Ieri è stata la giornata dedicata al rivoluzionario mascherato Guy Fawkes che, appunto, alla mezzanotte del 5 novembre del lontano 1605 venne arrestato da un gruppo di uomini armati mentre era intento a mettere in atto l’esplosione della Camera dei Lord.

Si tratta di una storia decisamente lontana nel tempo e da quelle che sono le ben più moderne vicende tuttavia essendo Guy Fawkes una sorta di “santo protettore” e di “musa ispiratrice” per Anonymus, il gruppo di hacker hacktivisti, c’è ben poco da stupirsi del fatto che nel corso della giornata di ieri sia stata messa in atto una vera e propria campagna di attacchi volti ad onorare la memoria dell’ex rivoluzionario.

Trattasi di quella che ha preso il nome di Operazione Vendetta e durante la quale, appunto, Anonymous ha messo in atto diverse azioni dimostrative sul web passando dal defacing di numerosi siti internet sino ad arrivare a veri e propri attacchi hacker per poi chiudere il tutto in bella pubblicando online parte del database di alcune aziende private e di diversi servizi online.

I bersagli colpiti dall’Operazione Vendetta di Anonymous sono stati i più disparati come nel caso del sito ufficiale del governo australiano, il sito web della NBC e della star del pop Lady Gaga.

Account Google, 5 milioni di password pubblicate online

Password, sempre più banali e poco fantasiose

Password più comuni

Sa da un lato gli hacker sono diventati sempre più abili nel violare le password dall’altro va detto che gli utenti tendono a scegliere parole di accesso ai propri servizi online che risultano sempre meno fantasiose e, di conseguenza, anche meno sicure.

Stando infatti ai dati forniti da SplashData, la compagnia che ogni anno provvede a stilare l’elenco delle 25 password maggiormente impiegate, pare proprio che al primo posto in classifica continui a troneggiare indisturbata l’oramai intramontabile password.

Essendo “password” la parola d’accesso più utilizzata non c’è quindi da stupirsi se nel corso degli ultimi anni e, sopratutto, degli ultimi mesi siano più volte salite agli onori della cronaca vicende quali, ad esempio, quella della violazione di massa di account Yahoo! e LinkedIn.

Così come sottolineato da Morgan Slain, ad di SplahData, agli utenti basterebbe un minimo impegno in più per poter trovare password in grado di aumentare di molto la sicurezza online anche se gli strumenti a disposizione degli hacker divengono, anno dopo anno, sempre più sofisticati.

Anonymous tango down GoDaddy

Anonymous attacca GoDaddy, milioni di siti web down

Anonymous tango down GoDaddy

Nel corso della serata di ieri il ben noto gruppo di hacker Anonymous ha mandato offline milioni e milioni di siti web aziendali e personali e di blog ospitati dai server di GoDaddy.

Il tango down è durato per diverse ore e soltanto nella mattinata di oggi i siti web colpiti hanno iniziato a ritornare online così come sempre.

Ad essere bloccate sono state, nello specifico, tutte le varie ed eventuali attività riconducibili al provider quali hosting, DNS, caselle di posta elettronica e gli appositi servizi di assistenza.

L’esecuzione dell’operazione sarebbe però imputabile solo e soltanto ad un membro di Anonymous che nelle ore successive all’attacco ha provveduto a rivendicare l’operazione mediante la pubblicazione di tutta una serie di appositi messaggi su Twitter.

Apple: in cantiere un rivale di Spotify e un'app iTunes per Android?

UDID Apple trafugati, scoperta la fonte del leak

Apple UDID trafugati

Giorni fa aveva iniziato ad impazzare in rete la notizia relativa ai 12 milioni di UDID Apple trafugati dal gruppo di hacker conosciuto con il nome di AntiSec da un portatile di un agente speciale dell’FBI.

Al diffondersi della notizia l’FBI aveva però negato di essere in possesso dei dati in questione e di non aver mai ricevuto alcun tipo di attacco informatico sui propri PC.

Ad entrare in scena, poi, era stata anche la stessa Apple precisando di non aver mai fornito tale tipo di informazioni all’agenzia federale.

Il mistero circa l’operazione portata a segno dal gruppo di hacker, quindi, è andato man mano ad infittirsi lasciando non poche perplessità.

Le notizie che, però, proprio nel corso delle ultime ore sono state rese note farebbero maggior chiarezza a tal proposito.

Il leak, a quanto pare, sarebbe in realtà avvenuto a discapito di un normale publisher.

AntiSec UDID Apple

UDID Apple trafugati: la smentita dell’FBI e quella di Cupertino

AntiSec UDID Apple

Proprio alcune ore addietro il gruppo di hacker conosciuto con il nome di AntiSec ha fatto sapere di essere entrato in possesso di ben oltre 12 milioni di ID univoci Apple e dei dati personali dei rispettivi proprietari trafugando le informazioni in questione da un portatile di un agente speciale dell’FBI.

La faccenda, che ha attirato immediatamente l’attenzione dell’intero web, o quasi, è però stata smentita, in maniera praticamente fulminea, mediante la pubblicazione di un breve ed apposito comunicato proveniente direttamente dall’agenzia federale seguito poi da svariate dichiarazioni pubblicate sui principali servizi di social networking.

L’FBI ha infatti affermato di non aver subito alcun tipo di attacco informatico aggiungendo inoltre che allo stato attuale delle cose non risulterebbe disponibile alcuna prova concreta mediante cui poter confermare l’effettiva manomissione del laptop impiegato dall’agente speciale.

Apple vuole migliorare Siri ed abbandonare Nuance

Apple, trafugati 12 milioni di ID univoci da un portatile dell’FBI

UDID Apple rubati da hacker

Il gruppo di hacker noto come AntiSec e legati ad Anonymous ha annunciato, proprio nel corso delle ultime ore, di essere entrato in possesso di ben oltre 12 milioni di ID Apple iOS Unique Device o, molto più semplicemente, UDID, e dei dati personali dei rispettivi proprietari sottraendo tali informazioni ad un sistema dell’FBI.

Il vasto database di UDID sarebbe stato trafugato, nello specifico, dal portatile di un agente speciale dell’FBI e la sottrazione dei dati, disponibili sotto forma di documento in formato CSV, sarebbe avvenuta facendo leva su una vulnerabilità del pacchetto Java.

Per ciascuno dei circa 12 milioni di ID Apple risultano disponibili nomi utente, indirizzi di residenza, numeri telefonici, nomi e modelli dei relativi device Apple e svariate altre informazioni generalmente riservate.

Dropbox attacco hacker

Dropbox, confermato l’attacco hacker: in arrivo nuove misure di sicurezza

Dropbox attacco hacker

Circa due settimane fa aveva iniziato a diffondersi in rete la voce facente riferimento ad un possibile attacco hacker ai danni di Dropbox.

Sino a questo momento, però, non era stato fornito alcun dettaglio a riguardo: l’azienda, infatti, si era limitata soltanto a spiegare che le attività di analisi e di investigazione erano in corso e che non era stata ancora rilevata alcuna operazione non autorizzata effettuata sull’intera piattaforma.

Da poche ore a questa parte, invece, il team di Dropbox ha confermato, mediante la pubblicazione di un apposito post sul blog ufficiale, quelli che erano i sospetti iniziali: un gruppo di hacker sconosciuti ha rubato nomi utente e password degli utenti di siti web di terze parti e, successivamente, hanno provato ad accedere agli account Dropbox servendosi delle credenziali in questione.

Utenti Dropbox colpiti dallo spam: violata la sicurezza del servizio?

A partire da lunedì scorso numerosi utenti Dropbox, così come emerso sul forum ufficiale dello stesso, hanno iniziato a lamentare l’arrivo di una gran quantità di messaggi di spam, di comunicazioni indesiderate dirette verso gli account di posta elettronica specificati in fase di registrazione al celebre servizio di cloud storage.

Il sospetto degli iscritti al servizio che qualcosa non sia andato per il giusto verso sui server Dropbox è stato poi confermato dal fatto che numerosi utenti hanno spiegato di aver impiegato l’indirizzo di posta elettronica bersagliato dai messaggi di spam solo e soltanto per poter effettuare la registrazione al servizio.

Trattasi, nello specifico, di utenti europei ed i primi casi pare siano stati segnalati in Germania, in Olanda e in UK.

I messaggi di spam, inoltre, sono tutti nella lingua dell’utente proprietario della casella di posta elettronica.

NVIDIA attacco hacker forum ufficiale

Nvidia, attacco hacker al forum ufficiale

NVIDIA attacco hacker forum ufficiale

Proprio pochi giorni fa Yahoo! ha subito un attacco hacker rivendicato dal gruppo D33D consequenzialmente al quale anche le credenziali di numerosi utenti Gmail, Hotmail e AOL sono state messe a rischio.

In contemporanea anche il forum Phandroid ha fatto sapere di essere stato soggetto ad un attacco hacker che ha portato alla fuga di dati quali e-mail ed indirizzi IP relativi a ben 1 milione di utenti.

Da poche ore a questa parte, invece, il forum ufficiale di Nvidia, l’azienda nota per la produzione di processori grafici, schede madri e, in linea generale, di prodotti multimediali per computer e consolle, pare sia stato soggetto ad alcune attività sospette che hanno portato in maniera praticamente fulminea all’apertura di un’indagine interna.

Dopo aver sospeso l’operatività del foum è stato infatti possibile apprendere che soggetti terzi non autorizzati sono riusciti ad accedere ai dati di svariati utenti iscritti al forum entrando quindi in possesso di username, indirizzi di posta elettronica, password e varie altre informazioni pubbliche che erano state inserite nella sezione Su di me.

Nello specifico pare che siano ben 390 mila gli account compromessi, tra forum ufficiale, Nvidia Developers Zone e Nvidia Research.

LinkedIn class action furto password

LinkedIn e le password rubate: class action in USA

LinkedIn class action furto password

LinkedIn, la risorsa di social networking dedicata di professionisti, corre un grosso rischio: incorrere in una mega sanzione da almeno 5 milioni dollari per poter rimborsare i propri utenti dopo la tanto chiacchierata fuga di milioni di password avvenuta non molti giorni addietro.

La discussa vicenda ha infatti portato direttamente nell’occhio del ciclone i responsabili di del social network verso i quali è stata avanzata una class action avviata presso una corte federale di Sant Josè, in California.

La class action, nello specifico, ha preso il via da Katie Szpryka che non molto tempo fa aveva deciso di usufruire delle funzionalità premium del social network e, di conseguenza, di pagare in modo tale da poter sfruttare tutti i servizi messi a disposizione da LinkedIn.