I migliori esperimenti scientifici su YouTube

Noi geek amiamo la scienza alla follia, ma se è possibile la amiamo ancora di più quando viene “umanizzata” e proposta in maniera divertente e stimolante. Eccovi allora una splendida carrellata di video “pescati” da YouTube in cui degli strambi scienziati mettono in atto degli altrettanto strambi (ma interessantissimi) esperimenti scientifici. Guardateli, perché ne vale veramente la pena!

Esplosione azoto liquido

Sapevate che con l’azoto liquido (originato da un gas inodore che compone il 79% dell’atmosfera terrestre) si possono ottenere delle esplosioni clamorose in pochissimo tempo? Probabilmente sì, ma provate a vedere cosa combina Steve Spangler in questo video per averne la prova definitiva.

Alka-Seltzer nello spazio

Questo è sicuramente uno dei più originali e curiosi esperimenti scientifici presenti su YouTube. Consiste nell’inserimento di un Alka-Seltzer (sì, proprio quello che prendiamo tutti noi quando abbiamo la febbre) in una grossa goccia d’acqua ospitata dallo space shuttle, nello spazio, in condizioni di microgravità. Spettacolo assicurato per gli occhi, per lo stomaco un po’ meno.

Scitoys, raccolta di interessanti esperimenti scientifici da fare in casa

Qualche settimana fa ho riempito le pagine di geekissimo di articoli a sfondo scientifico ed educativo ed in alcuni casi ho notato di essere anche stato abbastanza utile. Ho trattati di software che potevano dare una mano in chimica e di programmi, sempre rigorosamente freeware, che permettevano una gestione più semplice dei dati offerti dai problemi.

Insomma, era da troppo tempo che non ne parlavo, ed oggi ritorno a farlo. Questo post, infatti tratta di un argomento a sfondo scientifico. In questo caso, però, non si tratta di alcun servizio online o software, ma di un sito che raccoglie divertenti esperimenti scientifici facilmente ricreabili in casa.

Chemitorium, creare e visualizzare molecole in 3D

La chimica è una delle materie per certi versi più difficile. Diversamente dalla fisica meccanica che da la possibilità di visualizzare almeno mentalmente cosa accade se lasciamo cadere una palla, oppure facciamo scivolare un mattone su un piano inclinato, la chimica ci permette solo lontanamente di immaginare cosa succede nel macroscopico, e tutto è tranne che intuitivo. Insomma, si sa benissimo che si ha a che fare con leggi differenti da quelle che siamo abituati a vivere nel quotidiano.

Con questa prefazione, voglio dire che le cose diventano più semplici quando riusciamo a vederle. Mentre un mattone che scivola è facilmente scrutabile, una molecola d’acqua è decisamente molto più difficile da vedere (usando un eufemismo). Eppure guardando la geometria molecolare, riusciremo a capire molte cose del microscopico. Ad esempio che gli atomi che compongono una molecola aventi stessa carica tentano di mantenere la maggior distanza possibile tra loro (esempio: molecola di metano che ha forma di tetraedro).

Trasforma il tuo cellulare in un MicroScopio.

cellscope

E’ lo scopo che alcuni scienziati dell’università di Berkeley (California), voglio raggiungere. Tra i vari obbiettivi che hanno gli scienziati c’è anche quello di inventare nuovi prodotti che possono facilitare il loro compito. E questo è uno di quegli oggetti, inutili (?) per il normale cittadino ma utilissimo per qualsiasi scienziato che si rispetti.

Grazie a questo microscopio uno scienziato sarà in grado di diagnosticare una malattia della pelle con solo 5 ingrandimenti. Il microscopio può ingrandire fino a 60 volte la parte analizzati, per esempio, si potrà analizzare un campione di sangue con il proprio cellulare. Questo, permetterà di poter fare una prima analisi direttamente in ufficio senza arrivare in laboratorio, ovviamente, non ha lo scopo di sostituire il microscopio da laboratorio.

Google tra i finanziatori di un mega-cavo sottomarino tra Usa e Giappone

Cavo

Alcuni giorni fa è iniziato il progetto definitivo per la costruzione del’Unity Undersea Cable, un cavo sottomarino in fibra ottica ad alta velocità che andrà a collegare, tra qualche anno, Stati Uniti e Giappone e che rappresenta un vero passo in avanti per le telecomunicazioni globali. Un cavo fortemente voluto da Google, che è uno dei partner più importanti, insieme a cinque operatori di telefonia, del progetto.

Il cavo costerà trecento milioni di dollari (circa 190 milioni di euro) e inizialmente conterrà cinque coppie di fibre ottiche (una sarà messa in esercizio, le altre quattro coppie serviranno di backup in caso di malfunzionamento di quella operativa). Ogni cavo potrà sostenere la capienza di circa 960 Gbps (gigabit al secondo) e la capacità totale dell’intero sistema oscillerà tra i 4,8 Tbps e i 7,68 Tbps. In futuro il progetto prevede un’espansione a otto coppie di cavi.

Come saranno fatti i computer del futuro? Probabilmente avranno microchip chimici, magnetici o ottici

Chip

Come saranno i computer del futuro? Di quali materiali saranno costruiti? E quanto saranno veloci? Capita che ci poniamo spesso questa domanda, pensando agli anni a venire. Ebbene: alcune ricerche ultimamente pubblicate stanno dando luogo a un lungo dibattito nella comunità scientifica, perché pare davvero che nel giro di qualche decennio i microchip (che regolano la vita di tutti i nostri sistemi elettronici) potranno essere magnetici, chimici o ottici. Secondo la legge di Moore, il numero di transistor in un chip raddoppia ogni 18 mesi, e di pari passo vanno le prestazioni di un computer. Questa equazione, però, sta per raggiungere i suoi limiti perché la capienza massima dei chip sta per essere raggiunta.

E così, molto presto – addirittura nel giro di un paio di decine di anni – i nostri processori tradizionali fatti di silicio sono destinati completamente a sparire. A favore, ad esempio, dei microchip magnetici. Invece di utilizzare il movimento degli elettroni per elaborare le informazioni, il che dissipa tra l’altro molta energia, c’è chi sta pensando a sfruttare altre caratteristiche degli atomi. Un esempio concreto sono i cosiddetti “computer quantici”, in cui si utilizzano atomi “intrappolati” che variano il loro stato energetico, o quelli “a spin” che utilizzano una particolare proprietà magnetica delle particelle. Questo modo di elaborare le informazioni permetterebbe di effettuare molti più calcoli nella stessa unità di tempo.

Viaggi nel cosmo interattivi con Stellarium

Il lancio dei servizi World Wide Telescope di Microsoft e Google Sky da parte di Google, le missioni spaziali degli ultimi tempi e lo sbarco su marte della navicella Phoenix: in quest’ultimo periodo davvero molti eventi hanno concentrato l’attenzione verso l’ universo e l’ ignoto. A questo proposito voglio parlarvi di un software molto interessante, Stellarium.

Stellarium è il frutto opensource della collaborazione tra programmatori, scienziati e appasionati, riuniti con l’intento di creare un software in grado di simulare, in tutta la sua grandezza e spettacolarità, uno stellarium sul computer.
Un frutto maturo, che è arrivato dopo mesi e mesi di sviluppo alla versione 0.71.

Può esistere davvero un’allergia al Wi-Fi?

Allergia_Wifi

L’inchiesta di Paul Kenyon (Bbc) “Wi-Fi segnale d’allarme”, trasmessa in Italia da Report (Rai Tre) qualche settimana fa (parte 1, parte 2, parte 3) ha riacceso le polemiche sulla pericolosità delle onde elettromagnetiche prodotte dai router Wi-Fi, dividendo la comunità scientifica, come già accaduto con la telefonia cellulare, in apocalittici e integrati. Ebbene, c’è addirittura chi va oltre, spiegando di essere “allergico” all’inquinamento elettromagnetico.

È accaduto a Santa Fe, in New Mexico, dove un gruppo di utenti autodefinitosi “altamente sensitivi” ha chiesto che il Wi-Fi venga bandito in tutti i luoghi pubblici. C’è chi sente un forte mal di testa quando si trova in un punto pieno di radiazioni, chi sente male al petto, chi soffre di tremore alle gambe. Fatto sta che queste persone spesso non riescono ad entrare in luoghi chiusi perché si sentono subito male. E forse questo vorrà dire qualcosa sulla pericolosità o meno degli apparecchi che forniscono internet senza fili.

NextBio, Servizio Web 2.0 nato con lo scopo di possedere più di un miliardo di Contenuti Scientifici

huhuhuhuhu

Nonostante le molteplici uscite di servizi Web 2.0, esistono anche siti web, che fanno da aiuto a molte persone quali giovani e non, nel campo dello studio.

Ebbene, due giorni fa, vi abbiamo proposto un utilissimo sito, grazie al quale avevate la possibilità di imparare moltissime lingue parlate in tutto il mondo, mentre quest’oggi, vi proponiamo un altro di questi funzionali servizi che vi permetterà di consultare tramite un semplice Motore di Ricerca, di consultare un vastissimo archivio web si articoli e notizie che riguardano il campo scientifico.

14 modi per aiutare la scienza nei momenti di inattività del PC

Da bravi geek sicuramente amerete il mondo scientifico, così come sarete a conoscenza della funzione del calcolo distribuito, vale a dire quando più computer in tutto il mondo, grazie alla grande rete, collaborano al raggiungimento di un determinato obiettivo, mettendo a disposizione la propria potenza di calcolo nei cosiddetti “tempi morti”.

Ed allora perchè non vedere subito insieme ben 14 modi per aiutare la scienza nei momenti di inattività del PC? Dall’astronomia alla medicina, passando per le nano-tecnologie e le animazioni 3D ce n’è davvero per ogni gusto:

  1. Stardust@Home: missione della NASA per studiare al meglio le particelle stellari.
  2. SETI@Home: per cercare segni di vita intelligente nello spazio, tramite i segnali radio.
  3. Folding@Home: per studiare l’avvolgimento delle proteine e capire lo sviluppo di alcune malattie.
  4. Cosmology@Home: per scoprire quale teoria sull’universo si avvicina di più alla realtà delle cose (progetto dell’Università dell’Illinois).
  5. FightAIDS@Home: progetto del laboratorio Olson per scoprire una cura contro l’AIDS.

Pubblicare il proprio lavoro, o metterlo gratuitamente su Wikipedia? Per alcuni scienziati non c’è dubbio: Wikipedia

Fisica

Pubblicare il proprio lavoro su una rivista scientifica o renderlo disponibile, a tutti, su siti come Wikipedia? È il dilemma che si stanno ponendo alcuni scienziati dell’American Physical Society, che da giorni stanno intraprendendo una lotta nei confronti della casa editrice di Physical Review Letters, che non dà loro la possibilità di condividere le proprie ricerche su internet, perché protette da copyright.

Una volta pubblicata la propria ricerca sulla rivista, i diritti andrebbero a finire tutti alla casa editrice, che poi non darebbe il consenso affinché si possano creare delle “opere derivate”. “È irragionevole e completamente folle che in un campo come il nostro – spiega uno degli scienziati – accadano cose del genere. Le nostre scoperte devono essere disponibili alla maggior parte delle persone possibile“.

Il PageRank di Google? Funziona proprio come il nostro cervello

PRank

Abbiamo letto da un sacco di parti che Google, spesso, si comporta con un secondo cervello, o una “memoria di backup” per tanti di noi. Ma forse non era proprio uno scherzo. Le più recenti ricerche che indagano come il cervello umano richiami dalla memoria le informazioni suggeriscono che il processo è molto simile a quello che porta Google ad assegnare, a ogni sito, un PageRank.

In particolare, PageRank guarda alla popolarità dei siti, non solo in termini di quanti link un sito riceve, ma anche in termini di quanto sono popolari questi link. Quindi, ad esempio, essere linkati da un sito importante è molto meglio – paradossalmente – di essere linkati da dieci siti sconosciuti. Ebbene: il cervello si comporta proprio allo stesso modo, selezionando e gestendo le informazioni non in base alla loro popolarità “assoluta”, ma in base ai concetti collegati al concetto stesso.