Itsme: se la rivoluzione degli OS passa per l’Italia [progetti]

Alla faccia di chi dipinge i giovani italiani come una banda di bamboccioni e fannulloni buoni a nulla, da uno spin-off dell’Università di Milano-Bicocca arriva un interessante progetto open source teso a rivoluzionare il mondo dei sistemi operativi e a ridefinire il modo in cui gli utenti si interfacciano con i loro computer.

Si tratta di Itsme, un concetto di sistema operativo che si prefigge come obiettivo principale quello di rendere obsoleta la metafora del desktop e sostituirla con quella delle storie e delle venues, vale a dire degli spazi personali in cui ogni utente può gestire comodamente il proprio flusso di dati – composto da e-mail, documenti, segnalibri e molto altro ancora – in base a dei progetti e delle esigenze differenti, senza passare, come si suole fare negli OS odierni, per i programmi “settoriali” (es. il client di posta, il browser Web, ecc.).

Damn Vulnerable Linux, il sistema operativo meno sicuro del mondo

Uno dei dubbi più annosi del mondo geek è sicuramente quello riguardante la sicurezza dei vari sistemi operativi. Windows è più sicuro di OS X? Qual è più affidabile fra Linux e Windows? Sarà più vulnerabile un Mac o un sistema Linux? Domande alle quali, ammettiamolo, è praticamente impossibile dare una risposta certa. Almeno fin quando non si ha la ventura di avere a che fare con Damn Vulnerable Linux, il sistema operativo meno sicuro del mondo.

Sì, cari amici, avete letto bene. Damn Vulnerable Linux è – come recita anche la sua presentazione ufficiale – tutto quello che una buona distribuzione Linux non dovrebbe essere. Un’accozzaglia di software obsoleto, mal configurato e soggetto ad exploit, che rende il sistema vulnerabile ad attacchi informatici di ogni grado di pericolosità.

Sappiamo già cosa state pensando: Microsoft avrà deciso di sviluppare una sua distro Linux e questo è il risultato. No, tranquilli. Damn Vulnerable Linux (abbreviato DVL) è molto più semplicemente una versione speciale del sistema del pinguino studiata per far impratichire gli studenti di sicurezza informatica.

SpeedCrunch, la calcolatrice scientifica definitiva

Grazie al computer gli studenti hanno un professore sempre disponibile, che non si lamenta e che consuma solo elettricità. Grazie a Wolfram Alpha, infatti, è possibile risolvere problemi molto complessi senza spendere un solo centesimo. Si tratta di un’ottima soluzione se si dispone di una connessione ad internet, ma nel caso in cui fossimo all’università? Insomma, sappiamo che da qualche parte c’è una connessione ma spesso è possibile che non sia disponibile o fuori uso (mai farci affidamento per cose importanti).

E qualcosa offline del genere? Purtroppo non esiste ancora nulla che permetta di risolvere problemi di ogni genere senza una connessione ad internet. Possiamo però accontentarci di una calcolatrice. Usare quella preinstallata in Windows non è proprio una buona idea, ma voglio presentarvi qualcosa di sicuramente migliore, e più funzionale. Si tratta di SpeedCrunch, una calcolatrice scaricabile ed utilizzabile gratuitamente.

pElement, tavola periodica completa per il desktop

Qualche giorno fa vi mostrai un software che aveva a che fare con la chimica. Si trattava di Chemitorium che consentiva di dare uno sguardo a distanza ravvicinata alle molecole. Permetteva di creare la formula di struttura di una molecola e, con la visualizzazione 3D, consentiva di visualizzarla secondo la geometria spaziale che dettano le leggi fisiche. Insomma, si trattava senz’ombra di dubbio di un software molto utile, sopratutto agli studenti universitari che necessitano di vedere e non immaginare, cosa succede nel microscopico.

Oggi voglio presentarvi qualcosa che ha comunque a che fare con la chimica: pElement. Si tratta di una tavola periodica sotto forma di software. Starete pensando:” Ma che me ne faccio se posso comprare o al limite stampare una tavola periodica come tutte le altre?”. Be, questo è vero, ma pElement vi fornirà molte altre informazioni relative agli elementi, che vanno oltre il solito peso atomico o numero atomico.

Chemitorium, creare e visualizzare molecole in 3D

La chimica è una delle materie per certi versi più difficile. Diversamente dalla fisica meccanica che da la possibilità di visualizzare almeno mentalmente cosa accade se lasciamo cadere una palla, oppure facciamo scivolare un mattone su un piano inclinato, la chimica ci permette solo lontanamente di immaginare cosa succede nel macroscopico, e tutto è tranne che intuitivo. Insomma, si sa benissimo che si ha a che fare con leggi differenti da quelle che siamo abituati a vivere nel quotidiano.

Con questa prefazione, voglio dire che le cose diventano più semplici quando riusciamo a vederle. Mentre un mattone che scivola è facilmente scrutabile, una molecola d’acqua è decisamente molto più difficile da vedere (usando un eufemismo). Eppure guardando la geometria molecolare, riusciremo a capire molte cose del microscopico. Ad esempio che gli atomi che compongono una molecola aventi stessa carica tentano di mantenere la maggior distanza possibile tra loro (esempio: molecola di metano che ha forma di tetraedro).

7math, sapere tutto o quasi su una funzione matematica

Lo studio di una funzione è una delle parti più importanti del programma di quinto superiore (almeno per gli indirizzi scientifici). Proprio per questo motivo, è anche una delle più difficili, che per alcuni ritornerà con prepotenza anche all’università. E’ indubbia la sua importanza anche in campo fisico. Ad esempio, il moto del proiettile è descritto da una parabola che, appunto, è una funzione.

Capita di trovare funzioni semplici, e di riuscirle a graficare ad occhi chiusi, ma ci sono funzioni che già solo a guardarle, sappiamo che non ci riusciremo mai. Da bravo studente dovremo metterci e disegnare il grafico. Ma alla fine del lavoro, chi ci assicura l’esattezza dei nostri calcoli? E’ qui che entra in gioco il software di oggi, il suo nome è 7math.

Costruire modelli 3d da semplici foto di Flickr

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E’ da premettere che non esiste alcun software miracoloso e che quanto esposto fa parte di un progetto molto serio sviluppato dall’Università di Washington. Quello che il team di ricercatori universitari, già impegnati all’interno di progetti simili, ha cercato di realizzare è di ricostruire intere città partendo dalle foto pubblicate sul web.

Il sistema messo a punto consiste nello scaricare tutte le immagini associate ad un posto o ad una città da Flickr.com. Dopo aver completato la fase di download, il sistema è in grado di fare un match tra tutte le immagini al fine di trovare i punti in comune ed usare le informazioni per calcolare una struttura tridimensionale della città, evidenziando anche il punto da cui è stata scattata la singola immagine.

Filosofia Geek: l’Università messa al muro dal Web. Estinzione degli atenei nei prossimi dieci anni?

Cari lettori, oggi esordiamo con un caso di filosofia geek decisamente interessante, specialmente per noi geeks che ancora siamo nel mezzo del cammin dei nostri studi. Secondo un docente d’oltreoceano, le università, i grandi atenei che conosciamo oggi, potrebbero restare un ricordo, immagini sui libri di storia o su qualche album di Flickr. Su qualche sito Web, insomma: dovrebbero essere proprio questi ultimi a rendere inutili quelle grandissime strutture.

La teoria, in fondo, è interessante e non troppo utopica, se osservata da un punto di vista squisitamente geek. La situazione diventerebbe scottante, però, se la premonizione si realizzasse in dieci anni. Urge, quindi, qualche dettaglio in più.

Dall’università di Pisa uno studio innovativo per evitare gli ingorghi sulla rete

Network

Quando progetti e studi italiani raggiungono l’eccellenza e suscitano clamore nel mondo scientifico internazionale è sempre un piacere parlarne. Accade all’università di Pisa, dove uno studio coordinato dal professor Stefano Giordano (docente di Telecomunicazioni del dipartimento di Ingegneria dell’informazione) è stato premiato nel corso dell’International Conference on Communications 2008 di Pechino. Lo studio è tutto incentrato ad avverare il sogno di ogni operatore di rete. Quale? La possibilità di “saltare gli ingorghi telematici della rete nel trasferimento dei dati, stimando i punti critici dei sistemi trasmissivi”.

Il lavoro dell’équipe toscana è stato scelto come “Best paper awards” insieme al altri dieci progetti tra oltre tremila lavori presentati nel corso del congresso delle telecomunicazioni organizzato dall’Institute of Electrical and Electronic Engineers. Focus del lavoro, dunque, la possibilità di riuscire a stimare i punti critici dei sistemi trasmissivi saltando le informazioni di network management degli apparati della rete stessa.

Internet e sicurezza, ecco la prossima generazione dei CAPTCHA

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I sistemi automatizzati riescono in maniera sempre più semplice a decifrare i CAPTCHA (cioè quei piccoli indovinelli – letterali o matematici – che si propongono all’utente prima di postare su un sito o di iscriversi a un servizio, per dimostrare effettivamente che davanti al computer c’è un essere umano). Il fatto è che la tecnologia avanza per tutti, e gli sforzi fatti dagli esperti in sicurezza vengono puntualmente vanificati dagli sforzi dei cracker per bucarli.

I ricercatori della Penn State University hanno sviluppato un CAPTCHA di ultima generazione, che stanno per brevettare, basato sull’intelligenza dell’utente, al quale viene proposto in due step di riconoscere – nel primo – il centro geometrico di un’immagine contenuta all’interno di un’altra immagine, e nel secondo di scegliere tra una lista di nomi quello che più si avvicina a un’immagine distorta che viene proposta. Le immagini sono state sviluppate per essere – al momento – difficilmente riconoscibili da un computer, perché sono basate su una sequenza di colori, texture e forme completamente casuale.

Togliere i collegamenti a internet dalle aule universitarie? Di certo non aumenterà l’interesse degli studenti nei confronti delle lezioni

Nella maggior parte delle università italiane, ormai, sono presenti reti Wi-Fi gratuite per gli studenti, che permettono loro di collegarsi a internet, controllare la posta e fare ricerche da qualsiasi luogo (o quasi) dell’ateneo. Ma cosa succede se gli studenti iniziano ad usare internet per chattare, scaricare musica o guardare siti che poco c’entrano con le materie che stanno studiando? E – ancora – come si dovrebbero comportare le università se scoprissero che questo avviene anche durante le ore di lezione, mentre il professore spiega?

È il dilemma che ci viene dopo aver letto la notizia che il preside della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Chicago, negli Stati Uniti, ha deciso di bloccare l’accesso a internet nelle aule durante le ore di lezione, perché gli studenti si distraggono troppo. La norma è al momento sperimentale, e sta suscitando, ovviamente, molto clamore in ateneo.. Il problema, spiegano i vertici dell’università, è che non solo si distrae chi usa internet per scopi personali, ma anche coloro che gli siedono dietro, che magari sono tentati dal guardare lo schermo.

La diffusione di Microsoft nelle scuole: alcune riflessioni

La diffusione di Microsoft nelle scuole: alcune riflessioni

In un economia sempre più globalizzata, le conoscenze e le competenze, rappresentano dei fattori distintivi e di molta importanza sia per le nazioni che per i singoli individui. Per fortuna oggi sono disponibili nuovi strumenti e tecnologie che facilitano la diffusione dell’educazione. Ad esempio le università offrono lezioni, gruppi di discussione, esami e lauree via Internet agli studenti di tutto il globo.

Microsoft ha rafforzato il proprio impegno nel migliorare l’accesso alle tecnologie e ad promuovere metodi d’insegnamento e apprendimento innovativi. Dice Gates:”Nel 2003 abbiamo lanciato un iniziativa chiamata Microsoft Parterns in Learning. Oggi questo programma interessa più di 3 milioni d’insegnanti e circa 76milioni di studenti“.

“Volete usare Google o Wikipedia? Allora non frequentate il mio corso”. Parola di docente

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“Servizi come Wikipedia e Google sembrano vogliano togliere il lavoro a noi docenti. Per questo se volete usarli, non frequentate le mie lezioni“. Suona più o meno così l’ultimatum dato da Tara Brabazon, docente all’università di Brighton, ai propri studenti, troppo abituati secondo lei a consultare la rete, senza approfondire, quando si tratta di studiare. Eliminare dalle nostre vite (o da quelle degli studenti) le ricerche su internet o sui wiki mi sembra al giorno d’oggi una cosa impossibile. Eppure la professoressa Brabazon non è l’unica a pensarla così: capita ormai sempre più spesso che specialisti di un determinato settore (come possono essere i docenti di storia, leteratura, scienze e così via) vedono il Web come uno spazio aperto e infinito con troppe variabili e troppo pericolo di perdere la bussola.

Per questo, probabilmente, dopo aver speso anni e anni sui libri preferiscono i buoni e vecchi metodi d’insegnamento e apprendimento più che quelli nuovi e ufficialmente “non approvati” dagli enti universitari. Ciò che probabilmente dovrebbero capire, invece, è che i processi di insegnamento e la condivisione di conoscenza si stanno espandendo senza limiti dalla nascita del World Wide Web, con un conseguente enorme afflusso di dati sui computer degli utenti. Sta divenando abbastanza impossibile, quindi, da parte degli studenti accettare quello che chiede la professoressa, senza se e senza ma.

I compiti per casa? Diventate famosi in rete

Famous

Anche oggi, giorno di Natale, dopo aver parlato ieri del governo spagnolo che regalerà ai ragazzi sotto ai 30 anni un dominio .es per un anno, ecco fresca fresca un’altra notizia “positiva” che riguarda internet e l’educazione dei più giovani.

Questa volta ci trasferiamo negli Stati Uniti, dove alla Parsons – The New School for Design una classe di quindici allievi studierà come si diventa famosi in rete. Non solo teoria, però: lo scopo ultimo del corso, infatti, è quello di cercare di diventare popolari su internet nel minor tempo possibile, con una gara agguerrita tra tutti gli studenti.