“Gli indirizzi Ip devono essere considerati dei dati personali”. Parola del commissario europeo
Gli indirizzi Ip, le classiche stringhe di numeri del tipo 194.20.345.233 (ho scritto un indirizzo a caso) che identificano i computer sulla rete, dovrebbero essere considerati alla stregua dei dati personali (un po’ come l’indirizzo o il numero di telefono). A stabilirlo l’ufficio della Commissione Europea che regola la riservatezza dei dati. La decisione arriva dopo le pressioni del commissario tedesco per la protezione dei dati personali, Peter Scharr, che guida una battaglia a livello europeo contro le ripetute e immotivate violazioni della privacy da parte di colossi come Google, Yahoo! e Microsoft. Secondo Scharr, quando una persona è identificata attraverso un indirizzo Ip, allora quell’indirizzo è come un numero di telefono e dev’essere trattato con riservatezza.
Una visione che, però, è in disaccordo con quella di Google ed altre società che lavorano nel campo dell’informatica, secondo cui un indirizzo Ip, invece, identificherebbe la macchina, il computer quindi, e non la persona che lo sta utilizzando. Un’obiezione sicuramente giusta. Peccato, però, che nella normalità dei casi un computer è usato prevalentemente dalla stessa persona o dallo stesso gruppo ristretto di persone. Certo, ci sono delle eccezioni come ad esempio gli internet café, le università, i luoghi di lavoro molto affollati. Ma sono, appunto, delle eccezioni.
Trattare gli indirizzi Ip come dati personali creerebbe non pochi problemi ad esempio a Google. Il motore di ricerca, è vero, è stato il primo lo scorso anno a ridurre il tempo durante il quale archivia le ricerche dei propri utenti, che è passato a 18 mesi. 18 mesi, però, durante i quali Google “ricorda” esattamente tutto quello che abbiamo cercato. E la paura della maggior parte degli utenti è proprio che più le aziende conoscono di una persona, e più sono capaci di proporle pubblicità mirata. Secondo Peter Fleischer, consigliere di Google per la privacy, “Big G” archivia gli indirizzi Ip solamente per dare ai propri clienti un servizio più accurato e per essere sicuri, ad esempio, che sulle pubblicità AdSense siano persone “reali” a fare click, e non sistemi informatizzati.
Microsoft, invece, non archivia gli indirizzi Ip: “In termini d’impatto sulla privacy dell’utente – spiega Thomas Myrup Kristensen, internet policy director europeo – per noi l’anonimato è la cosa più importante, e manteniamo i dati degli utenti solo per 13 mesi”. La realtà – diciamolo – è che nessun motore di ricerca enfatizza e “rende limpida” la propria politica sulla privacy: spesso nelle home page non si trova nulla e i documenti non sono facilmente accessibili agli utenti. Che ne pensate? Siete d’accordo con la crociata del commissario tedesco? Oppure pensate che dando i n ostri indirizzi Ip ai motori di ricerca si possano ottenere risultati più accurati e maggiori funzionalità?
Via | Ap
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#1joe.d
Anche il numero di telefono identifica una macchina ( l’apparecchio telefonico ) eppure è considerato giustamente un dato da trattare con riservatezza.
ciao
joe.d
#2Agenzia pubblicità
Secondo me si parla davvero di una violazione della privacy basta andare online inserire l’ip e scoprire troppe informazioni sull’utente – cosa dire del google pagerank che viola la privacy? ma nessuno ha il coraggio di fermarli.
#3nik24nik
personalmente non mi sento minacciato dall’uso che google può fare dei miei dati. sarei più preoccupato se a raccogliere dati su di me e il mio utilizzo di internet fosse lo stato.
#4AlexBio
Beh, il tracciamento degli indirizzi ip non è poi così accurato, pensando ad esempio a tutti strumenti per l’anonimato disponibili in rete (anche gratuitamente) quali proxy e simili o anche solo all’assegnazione degli indirizzi ip dinamici.
Però certo, non mi piace molto l’idea che qualcuno possa raccogliere informazioni su di me tramite quello che faccio in rete.
#5Paolo R.
Il trattamento dell’indirizzo ip secondo me è pericoloso per la privacy dell’utente.
@joe.d: Mi piace l’idea di trattare l’ip come un numero telefonico. Bisognerebbe rilasciare una dichiarazione dove si accetta la sua “pubblicazione”
#6gh3
c’è da dire però che l’ip nella maggior parte dei casi in italia è dinamico, quindi non permette una identificazione diretta di chi lo sta usando, e un ip può quindi corrispondere a qualunque degli utenti di un determinato ISP.
altra cosa è la necessità di fornire secondo la legge vigente una informativa sul trattamento, che va letta e accettata dall’utene, prima di poter accedere ad un sito e poi per utilizzare tutti i vari servizi connessi al sito (statistiche, script, etc etc) l’internet non verrebbe un po’ snaturato in questo modo?
#7Alex
un ip dovrebbe sempre rimanere privato… sia quello che sia… dinamico o meno.