Ricordate il sondaggio ordinato dall’allora Ministro per i Beni Culturali, Massimo Bray, per indagare sulle abitudini degli italiani circa la creazione di copie private per film, album musicali e altre opere coperte da diritto d’autore? Nonostante qualche titubanza di troppo, i risultati sono stati pubblicati e – indovinate un po’? – salta fuori che non ci sarebbe alcun motivo per aumentare i prezzi di DVD, hard disk, smartphone, tablet e tutti gli altri prodotti su cui grava la famigerata tassa dell’equo compenso.
Dalla ricerca, i cui risultati sono consultabili liberamente sul sito dei Beni Culturali è emerso che fra gli utenti comuni solo il 13,5% crea sempre una copia privata dei beni multimediali che acquista. La maggior parte di essi (il 59,2%) lo fa solo raramente o comunque in occasioni particolari in cui ne ha bisogno, mentre il resto degli utenti (27,3%) asserisce di ricorrere alla copia privata abbastanza spesso ma non sempre.
Aumentano un po’ le cifre quando si parla di “utilizzatori frequenti”, ossia di coloro che dichiarano di fruire di opere d’ingegno più volte a settimana (48,3% del campione totale). In questo caso, infatti, il 20,3% fa sempre una copia dei beni multimediali acquistati, il 30,9% ricorre a questa soluzione abbastanza spesso mentre il restante 48,8% crea copie solo raramente.
Numeri alla mano, la SIAE non avrebbe motivi per chiedere un ulteriore aumento dell’equo compenso. Tuttavia, l’attuale Ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, sembra intenzionato ad accontentare ugualmente gli autori, i quali come facilmente prevedibile contestano i risultati del sondaggio perché condotto online e quindi “non abbastanza rappresentativo” della realtà dei fatti.
Per Franceschini il diritto d’autore «consente la libertà all’artista, quello che gli garantisce il suo spazio di creatività». Di conseguenza «o si cambia la norma di legge oppure l’adeguamento tariffario va fatto», anche perché secondo il Ministro «la norma sull’equo compenso prescinde dall’effettivo uso della copia privata.»
Peccato che la tassa sia stata concepita proprio su queste basi e che da un recente report stilato dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI) risulti che nel 2012 l’ammontare complessivo dell’equo compenso per copia privata è stato più alto in Italia che in ogni altro Paese europeo (eccezion fatta per la Francia).
Il rischio, insomma, è quello di vedere aumentare il costo finale di DVD, hard disk, smartphone, tablet, ecc. senza alcun motivo. Altronconsumo, che ha lanciato una petizione online contro la (quasi certa) decisione di Franceschini, ha calcolato che il balzello sui tablet potrebbe passare dall’attuale somma di 1,90 euro a 5,20 euro, quello sui computer da 1,90 a 6 euro e quello sugli smartphone da 90 centesimi a 5,20 euro.
Mani grandi, mani senza fine. Quelle della SIAE.
Via | Zeus News
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