“Tesoro stasera non mi va, devo stare su internet”

Scheletro

Vi è mai capitato di rispondere così al vostro lui o alla vostra lei, che magari cercavano di “stuzzicarvi” per passare una serata “di fuoco”? Forse a noi italiani – focosi per natura – succederà raramente, ma negli Stati Uniti il fenomeno sta diventadno un vero e proprio problema: gli americani di tutte le età preferiscono la rete agli amici e ad altri istinti primari della nostra esistenza. Lo rivela una ricerca della Jwt, la quarta più importante agenzia di pubblicità, che ha intervistato 1.011 americani adulti.

Gli americani hanno dovuto rispondere a diverse domande. Quanto tempo puoi resistere senza internet? Il 15 per cento ha risposto “un paio di giorni o anche meno”, il 21 per cento “un paio di giorni”, mentre un altro 19 per cento “qualche giorno”. La ricerca rivela che le senza internet molti diventano ansiosi, si sentono isolati e tristi. Un bel problema dunque.

Internet e politica sempre più a braccetto

Elezioni

MySpace ed Mtv hanno annunciato ieri che ospiteranno, sui propri siti, una serie di dibattiti con i candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Il primo, che si terrà il 27 settembre prossimo presso l’Università del New Hampshire e vedrà protagonista il democratico John Edwards, sarà moderato da un giornalista di Mtv News e uno del Washington Post.

La novità, appunto, è che i dibattiiti andranno in onda contemporaneamente anche su MySpace e Mtv.com con gli utenti che, nel frattempo, saranno in grado di scrivere commenti, rispondere a sondaggi e di inviare le proprie domande in tempo reale. La parte forse più interessante dei dibattiti è quella del sondaggio, che permetterà attraverso un widget, di inviare in tempo reale la propria approvazione o disapprovazione alle risposte del candidato.

La piaga dei falsi click sulle pubblicità e altre storie

AdSense

Google AdSense, uno dei sistemi pubblicitari più diffusi sul web, perderebbe circa un miliardo di dollari americani ogni anno per falsi o invalidi click. E le aziende, che si affidano a “Big G” per pubblicizzare su internet i loro prodotti corrono all’attacco, chiedendo maggiore trasparenza e metodi più sicuri nel riconoscimento dei click invalidi. È indubbio che il servizio si basa sulla fiducia dei publishers, che inseriscono gli annunci nei propri siti e che poi, però, non devono fare click (o non devono dire ai propri amici di farlo) per guadagnare qualche soldino in più. La piaga, però, esiste e almeno per il momento è incontrollabile, nonostante le norme anche troppo dure (di cui parleremo più avanti) inflitte da Google.

Il tasso di click non validi, spiega l’azienda, dal momento del lancio di AdWords nel 2002 non è mai salito al di sopra del dieci per cento del numero globale di click. Ogni punto percentuale di click invalido, però, rappresenta per Google 100 milioni di dollari all’anno in potenziale guadagno volato via, spiega alla testata canadese Cbc Shuman Ghosemajumder, business product manager di Google. Ma cosa accade quando si fa click su link invalidi? Chi paga? Come fa ad accorgersene la compagnia? E soprattutto: perché sempre più spesso webmaster assolutamente in buona fede si sono trovati di punto in bianco esclusi dal programma pubblicitario?

Giornalismo che cambia: il sito del New York Times diventa gratuito

nytimes

“Non so davvero se stamperemo ancora il Times tra cinque anni, e, se vuole proprio saperlo, non me ne importa. Internet è un posto meraviglioso e noi lì siamo leader. Quello che conta davvero è la capacità di produrre informazione di qualità. La vera sfida è l’impegno con cui facciamo il giornalismo”.

Lo aveva annunciato qualche mese fa il presidente ed editore del New York Times Arthur Sulzberger Jr, dichiarando anche che la fusione tra redazione “cartacea” e “web” stava per avere inizio.

Nell’ottica di questo rinnovamento il New York Times ha annunciato che entro breve non farà pagare più l’accesso per leggere “alcuni articoli”, facendo sostanzialmente un passo indietro nei confronti di un piano di marketing iniziato due anni fa. Il motivo della decisione è che aprire l’accesso ad articoli e commenti permetterà una maggiore raccolta pubblicitaria.

Ci voleva Google per dare la caccia ai delinquenti?

GoogleMaps

Probabilmente, negli ultimi mesi, avrete sentito notizie del genere: “Evasori fiscali beccati grazie a Google Maps”, “Con Google Earth si contrasta l’abusivismo edilizio”, e così via. Da qualche tempo, infatti, le autorità di tutto il mondo hanno iniziato ad utilizzare i servizi di mappe forniti da Google&co. per gli usi più disparati.

L’ultima notizia in ordine di tempo viene dal Wisconsin, negli Stati Uniti, dove grazie alle mappe di Google la polizia ha scoperto che un uomo stava coltivando ettari di marijuana all’interno del proprio terreno. Almeno per ora è impossibile dire quante autorità utilizzino ogni giorno Google Earth, ma una cosa è certa: questo tipo di servizi non costa praticamente nulla ed è più conveniente (in termini di denaro e anche di comodità) che prendere elicotteri o noleggiare costosissimi aerei. In tempi di ristrettezze economiche succede anche questo.

Google vuole unificare le diverse regole mondiali sulla privacy

Privatezza

Unificare le regole che, nei diversi paesi del mondo, disciplinano la privacy. Un sogno di molti che però si è, fino ad ora, rivelato solamente un’utopia. E se a riuscirci, invece, fosse il gigante Google? Ne parla approfonditamente un articolo del quotidiano spagnolo El Mundo che spiega come tre paesi su quattro non abbiano alcuna legislazione sulla tutela dei dati personali online, mentre le norme del restante 25 per cento dei paesi sono riduttive o insufficienti a far fronte alla continua crescita della rete.

Per questo motivo Google, società vista da molti come un “Grande Fratello” per la quantità di informazioni private che deve trattare ogni giorno, ha iniziato una campagna per cercare di convincere i governi di tutto il mondo a creare uno standard globale sulla privacy. La notizia è passata un po’ sotto silenzio, ma i primi contatti sono già avvenuti.

I documenti scritti con Google Docs? “Big G” può farci tutto ciò che vuole

GoogleDocs

Adorate Google Docs&Spreadsheets, o, come è stato tradotto in italiano, “Google Documenti e Fogli di lavoro”? Lo utilizzate sempre per scrivere i vostri documenti perché ne apprezzate il fatto che sia gratuito, accessibile da ogni dove o la possibilità di collaborare con altri?

Bene, forse non sapete, però, che da contratto Google può disporre come vuole dei vostri elaborati. Avete capito bene. Utilizzando e inserendo contenuti all’interno dei servizi di Google, si legge nei termini di utilizzo, garantite al fornitore del servizio la licenza di riprodurre, adattare, modificare, pubblicare in tutto il mondo i vostri contenuti a fini promozionali.

Ciò vuol dire, in poche parole, che se Google volesse potrebbe ad esempio, nel pubblicare degli screenshot, utilizzare proprio il foglio di calcolo o la pagina di testo da voi appena scritta.

“Hai installato Linux? La garanzia decade”

LinuxInside

La denuncia arriva a Slashdot.org da un utente inglese e fa davvero riflettere. “Oggi – si legge nella lettera – sono tornato a Pc World, il negozio dove cinque mesi fa avevo acquistato il laptop, perché avevo un problema con il display. In particolare, la copertura di plastica stava iniziando a rompersi”. Un normalissimo problema che si sarebbe risolto in pochi giorni, considerato che il computer era ancora in garanzia.

La riparazione, invece, è stata rifiutata dai tecnici del grande magazzino perché l’utente aveva disinstallato Windows Vista (sistema operativo con il quale il computer era stato venduto) installando la distribuzione Gentoo di Linux. La disinstallazione di Windows, secondo i tecnici, aveva portato al decadimento della garanzia.

Versione confermata anche dal direttore del negozio, che spiega: “Per ordini superiori non possiamo riparare i computer dei quali il sistema operativo originale è stato modificato”. Si apre qui in realtà un bel problema, in cui potrebbero incappare molti di noi che abbiamo preferito installare un sistema operativo diverso. È possibile che la garanzia decada se si toglie Windows?

Cercare foto su Flickr in base al colore

FlickrColori

Se siete amanti delle fotografie e dei colori, allora questo sito fa per voi. Si chiama “Color Fields Colr Pickr” e permette, selezionato un colore, di ottenere delle immagini di Flickr in cui quel colore è dominante.

L’utilizzo è molto semplice: basta fare click su un colore, sceglierne l’intensità attraverso l’apposito bottone e, all’istante, appariranno fotografie della tonalità scelta.

I 10 motivi (di Microsoft) per cui le imprese non dovrebbero usare Google Apps

GoogleMicrosoft

La guerra tra Microsoft e Google è destinata a giocarsi principalmente sul campo delle applicazioni da ufficio. La suite di Google, Google Apps sembra stia prendendo sempre più piede nei confronti del rivale Microsoft Office (soprattutto per il fatto di essere gratuita), e così Microsoft è corsa ai ripari stilando una classifica dei dieci motivi per cui le aziende non dovrebbero utilizzare i prodotti Google.

Una scelta molto probabilmente presa dopo l’importante accordo di partnership tra Big G e CapGemini, che aiuterà Google a vendere Google Apps Premier Edition (Gape) alle imprese. Andiamo a vedere, dunque, alcune tra “le dieci domande che le imprese dovrebbero porsi nel passare a Google Apps” (=ovvero, i dieci motivi, secondo Microsoft, per non passare).

Un testo di esempio automatico in Word

Word

Quante volte, nel progettare una pagina su Word, abbiamo avuto bisogno di inserire del testo di prova, per vedere se gli stili venivano applicati correttamente o solamente per cercare di capire se la grafica creata potesse essere accattivante?

Nel cercare il testo di prova o ci affidavamo al classico testo di prova “Lorem ipsum dolor sit amet…” oppure magari prendevamo il testo di un articolo di giornale o di un blog. In realtà c’è un “trucco” su Word per fare apparire del testo di prova. Vediamolo insieme.

Scarichi troppo? Ti sconnettiamo

sconnettiamo

È questo – più o meno – quello che si sono sentiti dire dal proprio provider di accesso alla Rete alcuni utenti internet statunitensi. Comcast, questo il nome del provider, ha deciso di punire chi utilizzava troppo la banda a propria disposizione, sostenendo che tramite quel comportamento gli utenti “si accaparrano la massima velocità della rete e abbassano, di conseguenza, la velocità di download per gli altri clienti”.

“Questo tipo di attività abusiva – ha spiegato il portavoce della società, Charlie Douglas – ha avuto un impatto notevole sull’esperienza di tutti gli altri clienti”. Secondo la voce ufficiale della società, in ogni caso, gli utenti disconnessi sarebbero stati “davvero pochi”. Ma è proprio questo il problema?