“Gli indirizzi Ip devono essere considerati dei dati personali”. Parola del commissario europeo

Indirizzi_Ip

Gli indirizzi Ip, le classiche stringhe di numeri del tipo 194.20.345.233 (ho scritto un indirizzo a caso) che identificano i computer sulla rete, dovrebbero essere considerati alla stregua dei dati personali (un po’ come l’indirizzo o il numero di telefono). A stabilirlo l’ufficio della Commissione Europea che regola la riservatezza dei dati. La decisione arriva dopo le pressioni del commissario tedesco per la protezione dei dati personali, Peter Scharr, che guida una battaglia a livello europeo contro le ripetute e immotivate violazioni della privacy da parte di colossi come Google, Yahoo! e Microsoft. Secondo Scharr, quando una persona è identificata attraverso un indirizzo Ip, allora quell’indirizzo è come un numero di telefono e dev’essere trattato con riservatezza.

Una visione che, però, è in disaccordo con quella di Google ed altre società che lavorano nel campo dell’informatica, secondo cui un indirizzo Ip, invece, identificherebbe la macchina, il computer quindi, e non la persona che lo sta utilizzando. Un’obiezione sicuramente giusta. Peccato, però, che nella normalità dei casi un computer è usato prevalentemente dalla stessa persona o dallo stesso gruppo ristretto di persone. Certo, ci sono delle eccezioni come ad esempio gli internet café, le università, i luoghi di lavoro molto affollati. Ma sono, appunto, delle eccezioni.

Italia.it, cronaca di una morte annunciata

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“A ottobre il ministro per i Beni Culturali con delega al Turismo Francesco Rutelli disse che il portale non era più funzionale. Noi di conseguenza abbiamo deciso di procedere ad un momento di ripensamento. Il contratto che era stato siglato con una società di cui l’Ibm era la capofila, era valido fino al 31 dicembre. Dal 1 gennaio abbiamo attivato le procedure di chiusura. Ora si dovrà decidere come procedere”.

È affidata a questo scarno comunicato del capo dipartimento per l’Innovazione tecnologica, Ciro Esposito, la voce ufficiale del Governo, che dopo alcuni giorni in cui si rincorrevano voci contrarie, ha ufficializzato che il portale Italia.it, presentato l’anno scorso in pompa magna dal vicepresidente del Consiglio Rutelli e che doveva essere la vetrina turistica del nostro paese nel mondo, è stato chiuso. Un comunicato che arriva dopo i tentativi di numerosi giornalisti e blogger di capirne di più. Noi stessi abbiamo contattato il ministero dei Beni e delle Attività Culturali, la presidenza del Consiglio nonché il ministero per le Riforme e le Innovazioni nella P.A., ricevendo risposte discordanti.

Proposta per un’unione dei blogger. Quanto è fattibile?

Sciopero

Sta facendo molto discutere nella blogosfera mondiale un interessante articolo pubblicato su Columbia Journalism Review (rivista della celeberrima scuola di giornalismo della Columbia University) secondo cui sarebbe necessaria e auspicabile un’unione dei blogger per rivendicare i diritti di coloro che scrivono su internet per lavoro e per passione. Nell’articolo si legge che la disputa tra gli sceneggiatori di film Tv e le industrie dei media che ha portato allo sciopero, che dura da mesi e che tanto sta danneggiando l’industria cinematografica americana, ha la sua origine nel Web.

Quello che gli sceneggiatori vorrebbero è ottenere un compenso extra quando i propri contenuti sono ritrasmessi su internet. Le case di distribuzione ovviamente non vogliono cedere e il compenso rimane sempre lo stesso. Ma perché internet, che ormai ha più utenti della televisione e dei giornali, non viene considerato così importante come televisioni e giornali? Il parallelismo con lo sciopero degli sceneggiatori secondo me è molto interessante, perché in un futuro non troppo lontano se le cose non cambieranno, anche i blogger potrebbero decidere di entrare in sciopero.

I giovani della “generazione Google”? Sono impazienti e intolleranti verso il Web

Giovani_Google

I giovani della “generazione Google” sono impazienti e intolleranti verso internet. Parola dello University College di Londra, che ha svolto una ricerca sull’utilizzo della rete da parte dei ragazzi di oggi. Ventenni che sicuramente si trovano a proprio agio con il computer come nessuna delle precedenti generazioni, ma che forse proprio perché si trovano troppo a proprio agio, si trovano sempre più a commettere degli errori.

È quasi ovvio che i ventenni di oggi diano “del tu” al computer molto più che i ventenni di cinque o dieci anni fa. Poi, però, se leggiamo bene tra le righe della ricerca, capiamo che utilizzare di più il computer non significa essere più inclini all’uso del computer, anzi. “Gli studenti di oggi – si legge – passano molto più tempo al computer, ma mostrano anche un’incredibile impazienza verso la ricerca e la navigazione, e tolleranza zero nei riguardi di qualsiasi ritardo o problema che impedisca loro di soddisfare entro pochi secondi i propri bisogni di ricerca”.

I computer “pubblici”? Niente di più pericoloso. Ecco qualche consiglio utile per proteggere la vostra privacy

Internet_cafe

Internet cafe? Aeroporto? Scuola? Università? Quante volte in un mese ci capita di utilizzare internet da un computer che non è il nostro personale? Tante, probabilmente. E quante volte, per sbaglio o per disattenzione, ci capita di lasciare salvate le nostre password e i nostri dati personali? Molti internet café hanno dei software specifici che gestiscono le connessioni e cancellano i dati degli utenti una volta finito di lavorare, ma nella maggior parte dei posti non è ancora così.

Eccovi allora qualche consiglio per evitare (nel migliore dei casi) che qualcuno per gioco inizi a leggere la vostra posta e a chattare con il vostro fidanzato/la vostra fidanzata o che (nel peggiore) vi prosciughi il conto in banca. So che non è facile accettarlo, ma ovviamente per stare alla larga da problemi di questo genere ci sono due regole fondamentali che ovviamente ci troveremo sempre e per forza di cose a trasgredire: evitare di utilizzare i computer pubblici o comunque evitare di compiervi operazioni sensibili. Il che è molto più facile a dirsi che a farsi.

“Rigenerare” i vecchi Pc: un bel gesto nei confronti dell’ambiente

eWaste

Come vi comportate, quando comprate un nuovo computer, nei confronti di quello vecchio? Ormai non si fa altro – finalmente e giustamente, direi – che parlare di rispetto per l’ambiente e di risparmio energetico, e come sappiamo spesso e volentieri gli apparecchi tecnologici che tanto ci piacciono quando arrivano alla fine del loro ciclo di vita sono sempre alquanto difficili da smaltire. L’idea di parlare di tecnologia ed ecologia mi è venuta da questo articolo di C|Net News, in cui vengono messe a confronto le opinioni di diversi esperti verso il ricondizionamento o il riciclo totale di un computer. E a vincere sembra proprio il ricondizionamento (o la rigenerazione, che dir si voglia): il modo più semplice, economico ed ecologico per riciclare.

Ricondizionare offre, secondo molti esperti, la migliore alternativa alla crescita incondizionata della spazzatura elettronica (la cosiddetta e-waste, di cui ci siamo tra l’altro già occupati) in tutto il mondo. Per rimettere a nuovo un Pc, infatti, non vengono utilizzate le enormi quantità di energie che servono a distruggere i materiali di cui questo è composto: quando mandiamo un computer al riciclo, infatti, il riciclaggio consuma circa 20 volte l’energia necessaria per riutilizzare lo stesso computer.

C’è qualcosa nell’aria: un MacBook sottile sottile e un po’ di delusione

MacBookAir

C’era davvero qualcosa nell’aria. I tanti fan della Mela che da giorni s’interrogavano sulle novità che sarebbero uscite dal Keynote di ieri di Steve Jobs al Macworld di San Francisco per una volta “c’hanno preso”. La novità principale, infatti, è stata la presentazione del nuovo MacBook Air: un computer portatile sottile sottile (“il più sottile del mondo”, rassicura Jobs) che con i suoi 4mm nel punto più sottile, l’altezza massima di 19 millimetri e il peso 1,26Kg sembra davvero un piccolo gioiellino. MacBook Air offre uno schermo widescreen con retroilluminazione LED da 13,3 pollici, una tastiera retroilluminata (perfetta, spiegano da Apple, per gli ambienti con scarsa illuminazione quali aerei, studi e sale conferenza, grazie a un sensore di luce ambientale integrato), la Webcam iSight integrata, un trackpad con supporto multi-touch (che si può usare, un po’ come l’iPhone, per ingrandire, ruotare e scorrere pagine e foto).

Per quanto riguarda le specifiche tecniche, MacBook Air monta un processore Intel Core 2 Duo a 1,6GHz o 1,8GHz con 4Mb di cache L2 e include come standard 2GB di memoria, un disco da 80Gb a 1,8 pollici e le tecnologie Wi-Fi 802.11n e Bluetooth 2.1. Ci siamo dimenticati di parlare dell’unità ottica? Proprio no: Air, infatti, non è provvisto di masterizzatore/lettore cd/dvd. Questo, ovviamente, per risparmiare spazio (il lettore è comunque acquistabile a parte) e poi, spiega Jobs, perché con la tecnologia Wi-Fi tutto questo è superato. Per ascoltare un cd, guarda un dvd o installare un software è possibile utilizzare un altro Pc o Mac disponibile dove ci troviamo. Air riconoscerà automaticamente il cd inserito nell’altro computer e lo leggerà normalmente. E qui diciamo subito che si tratta un po’ di una prima pecca: è vero che cd e dvd sono sempre meno usati, ma è anche vero che se ci troviamo fuori casa e non abbiamo a disposizione nessun computer con unità cd… sono guai.

“Volete usare Google o Wikipedia? Allora non frequentate il mio corso”. Parola di docente

Google_Wikipedia

“Servizi come Wikipedia e Google sembrano vogliano togliere il lavoro a noi docenti. Per questo se volete usarli, non frequentate le mie lezioni“. Suona più o meno così l’ultimatum dato da Tara Brabazon, docente all’università di Brighton, ai propri studenti, troppo abituati secondo lei a consultare la rete, senza approfondire, quando si tratta di studiare. Eliminare dalle nostre vite (o da quelle degli studenti) le ricerche su internet o sui wiki mi sembra al giorno d’oggi una cosa impossibile. Eppure la professoressa Brabazon non è l’unica a pensarla così: capita ormai sempre più spesso che specialisti di un determinato settore (come possono essere i docenti di storia, leteratura, scienze e così via) vedono il Web come uno spazio aperto e infinito con troppe variabili e troppo pericolo di perdere la bussola.

Per questo, probabilmente, dopo aver speso anni e anni sui libri preferiscono i buoni e vecchi metodi d’insegnamento e apprendimento più che quelli nuovi e ufficialmente “non approvati” dagli enti universitari. Ciò che probabilmente dovrebbero capire, invece, è che i processi di insegnamento e la condivisione di conoscenza si stanno espandendo senza limiti dalla nascita del World Wide Web, con un conseguente enorme afflusso di dati sui computer degli utenti. Sta divenando abbastanza impossibile, quindi, da parte degli studenti accettare quello che chiede la professoressa, senza se e senza ma.

I 12 momenti più imbarazzanti del Web

Ballmer

Quali sono stati, ad oggi, i momenti più imbarazzanti della storia del Web? A questa curiosa domanda risponde un’altrettanto curiosa classifica stilata dai colleghi di Pc World, che hanno selezionato alcuni tra i momenti più imbarazzanti, spiegando che internet è il sistema di distribuzione d’informazioni più efficiente al mondo, ma se non si sta attenti, è anche la via più facile per fare – come dire – figuracce davanti al mondo intero. Scorriamo insieme la classifica.

Partiamo dal dodicesimo posto con Aol, che (per sbaglio, speriamo tutti) a metà 2006 pubblicò i termini cercati da 658mila abbonati insieme ai loro nomi. Una bella invasione della privacy: tra i termini, ovviamente, uscì di tutto, da Britney Spears a molto, molto porno. Undicesimo posto per lo scherzetto fatto da Photoshop (si fa per dire) a Cat Schwartz, giornalista di tecnologia. La donna si era fatta fare da un fotografo delle foto professionali, che voleva mettere sul suo sito. Così le ha tagliate, ma Photoshop non ha salvato anche l’anteprima, che è rimasta quella delle foto originali… in cui lei era nuda.

In Spagna Robin e il Messenger aiutano i giovani a parlare di sesso, droga e alcol

Robin

In Spagna è stata lanciata un’interessante iniziativa congiunta governo-Microsoft per parlare ai ragazzi più giovani e ascoltare le loro problematiche in tema di sesso, alcol e droga. L’iniziativa è rivolta proprio a parlare la stessa lingua di ragazzi e ragazze, senza pregiudizi né vergogne, attraverso l’uso della chat, e in particolare di Msn Messenger. Dall’altra parte della chat, un robot, chiamato Robin, che riconosce le domande dei ragazzi (o almeno ci prova) e fornisce loro delle risposte.

Utilizzare il servizio è molto semplice (ma, ovviamente, bisogna conoscere lo spagnolo): basta inserire tra i propri contatti l’indirizzo di Robin ([email protected]) e subito si potrà iniziare a interagire con lui. Il robot è stato programmato per parlare di diversi argomenti delicati, dalla contraccezione alla prevenzione dell’Aids, dall’interruzione di gravidanza alla “pillola del giorno dopo” fino all’assunzione di alcol e droghe.

“Assaggiare” un dominio? Ora, anche per l’Icann, è diventato un problema

Assaggiamo

“Assaggiare” un dominio? È, purtroppo, una bruttissima pratica, molto diffusa e difficile da estirpare. E ora anche l’Icann, l’ente internazionale che come sapete ha molti incarichi di gestione della rete internet come l’assegnazione degli indirizzi Ip, ha deciso che si tratta di un problema non più accettabile. Di cosa si tratta? È presto detto: è come se comprassimo dei vestiti molto costosi, li usassimo la sera stessa per una festa e il giorno dopo li riportassimo in negozio, con la scusa magari che abbiamo scoperto che non ci stavano bene.

Siccome i servizi di registrazione di domini offrono solitamente cinque giorni di tempo per “ripensarci” e annullare l’acquisto di un dominio, imprenditori senza scrupoli o ragazzini molto scaltri pensano bene – la cosa succede tuttora, e sicuramente sarete capitati centinaia di volte su siti del genere – di acquistare ogni dominio immaginabile, metterci sopra esclusivamente delle pubblicità (appunto, per cinque giorni) e vedere che tipo di guadagno si riesce ad ottenere. Poi, alla fine, rimandano indietro i domini che non soddisfano il loro interesse, mentre registrano definitivamente quelli più appetitosi. Per poi, magari, rivenderli a chi è veramente interessato a prezzi astronomici.

I provider potrebbero iniziare a bloccare “amichevolmente” i contenuti protetti da copyright. Ennesima invasione della privacy?

Pirateria

Rappresentanti di At&t e di altri importanti internet provider stanno discutendo la possibilità di filtrare, a livello di rete, i trasferimenti di materiale coperti da copyright ai computer degli utenti. “Dobbiamo farlo – ha spiegato un portavoce di At&t – e dobbiamo solo trovare un metodo gentile per iniziare a farlo”. Fino ad ora i provider internet hanno agito un po’ come delle autostrade a pedaggio: noi paghiamo e viaggiamo liberamente in rete. Per fare una metafora, ora è come se le autostrade iniziassero a voler avere una propria rete di poliziotti e controllori.

A richiedere questo servizio sono ovviamente le major proprietarie di film e musica e le case produttrici di software, che si dichiarano stanche di vedere il loro materiale illegalmente distribuito su internet. Il filtraggio, dicono, già avviene su YouTube o Soapbox: che ci vuole a inserirlo anche a livello di provider? Quello che chiedono – insomma – è di iniziare ad analizzare a campione i pacchetti digitali trasmessi da tutti gli utenti e scoprire se qualcuno sta trasmettendo o ricevendo materiale protetto da copyright.

Nuova vita per la posta di Yahoo! Così la società americana vuole rivoluzionare il nostro modo di comunicare in rete

YahooNuova

Tra le novità più significative che riguardano il Web presentate al Ces in corso proprio in questi giorni a Las Vegas ce n’è una sulla carta molto interessante che arriva da Yahoo!. Nome provvisorio Yahoo!Life, come dire “il social network delle e-mail”. È indubbio che i social network come Facebook o MySpace (per citare i due più famosi) siano stati la vera novità dello scorso anno in termini di interesse e quantità di utenti registrati.

Proprio per questo la grande Y! ha deciso di voler puntare tutto sul far diventare, appunto, la posta elettronica più sociale. L’e-mail, insomma, diventerà il centro di ogni nostro divertimento e incontro online: gli indirizzi diventeranno profili, le e-mail saranno connesse con numerosi altri servizi e così via. L’esempio della presentazione della pre-relase è il seguente: vuoi invitare un paio di amici per cena. Con la posta elettronica social è tutto più semplice: prepari una mail, guardi i profili dei tuoi amici per vedere se sono liberi venerdì sera, ovviamente guardi i loro gusti culinari, poi scegli su una mappa i ristoranti che incontrano i loro gusti e che sono equidistanti da casa di ognuno.

Wikia, un motore di ricerca deludente. Ecco la nostra prova su strada

Wikia

Probabilmente negli ultimi due giorni avrete letto su numerosi siti (spesso non specializzati) della presentazione di Wikia Search, il motore di ricerca che “dovrebbe” riuscire a combattere lo strapotere di Google. Un motore “human-powered”, con gli uomini alla base, di cui si parla da almeno un anno. In realtà, per il momento, si tratta di una mezza delusione. Per come è stato presentato, infatti, non offre nessuna potenzialità o novità “esilarante”, e forse sarebbe stato meglio se la presentazione fosse avvenuta un po’ più in là nel tempo, con un sistema almeno più “popolato” e completo.

Al momento, infatti, si tratta di un motore di ricerca molto modesto, basato sul codice open-source Nutch e, dato che l’indicizzazione è a una percentuale ancora minima, i risultati offerti dalla ricerca sono abbastanza scarsi. Non è tutto da buttare, ovviamente: interessante la possibilità, una volta visti tutti i risultati della prima pagina, di fare click su un bottone per visualizzarne automaticamente sotto i successivi 10 (invece di cambiare pagina).