La Comcast, importante provider internet, inverte la rotta e non perseguirà più chi scarica illegalmente. L’inizio di una nuova era?

P2P

Ultimamente in numerose occasioni (qui, qui o qui solo per fare qualche esempio) ci siamo occupati del comportamento dei provider nei confronti degli utenti “pizzicati” nel fare largo uso di programmi peer-to-peer per scaricare illegalmente film, software o musica. Una tendenza che ha visto ultimamente una maggiore attenzione dei fornitori internet nei confronti dei utenti, che in molti casi sono stati sanzionati o si sono visti revocare l’abbonamento alla rete per aver utilizzato software di scaricamento considerati illegali.

La Comcast, importante provider internet che era stato sanzionato per aver impedito a molti suoi clienti di utilizzare programmi di file-sharing, ha annunciato ieri un completo cambio di politica nei confronti di questa problematica, assicurando tutti i propri utenti che da ora in poi tratterà in modo uguale tutti i tipi di traffico internet. L’importante decisione arriva dopo numerose denunce da parte di associazioni di consumatori (ma anche singoli utenti) che si erano visti bloccare la propria connessione per aver utilizzato programmi come eMule o Limewire.

Viva la libertà di espressione: riapre Wikileaks

Wikileaks

Ne avevamo parlato proprio qualche giorno fa: un giudice statunitense aveva creato molto scalpore dopo la decisione di chiudere il sito Wikileaks, specializzato nella pubblicazione di notizie riservate e fughe di notizie. Ebbene, la novità è che un giudice federale ha ribaltato la decisione, e consentirà al sito statunitense di riaprire a tutti gli effetti.

La decisione – ricordate? – era stata accompagnata da un grande scalpore per chi parlava di diritti violati e libertà di stampa e di opinione calpestata. E durante il dibattimento (che è durato oltre tre ore) proprio chi si appellava al primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti è stato premiato: il giudice, infatti, ha pensato proprio al primo emendamento per giusitificare la propria decisione, spiegando che le misure intraprese non erano “costituzionalmente adeguate”.

Un giudice americano impone la chiusura di Wikileaks, famoso sito che ospita fughe di notizie

Wikileaks

Un giudice federale di San Francisco, Jeffrey White la Dynadot, ha decretato la chiusura immediata di Wikileaks, sito americano molto famoso perché alimentato quasi esclusivamente da fughe di notizie. La società che ne possiede il dominio, però, ha deciso di fare appello in quanto non sarebbe stato ripettato il Primo emendamento della Costituzione americana, quello che regola la libertà di espressione.

Il sito era diventato famoso qualche tempo fa per aver pubblicato (grazie a una fuga di notizie) le regole d’ingaggio dei militari americani in Iraq e il manuale destinato alle guardie del carcere di Guantanamo, a Cuba. Il caso che ha però portato alla chiusura del sito è legato alla denuncia da parte di una banca delle isole Cayman, la “Juluis Baer Bank and Trust”, che si è vista pubblicare online delle accuse parecchio pesanti.

“Togliete da Wikipedia quelle immagini di Maometto”. Parola di 180mila musulmani

Islam

La popolare enciclopedia Wikipedia sta, al momento, rifiutando di togliere dalle proprie pagine alcune immagini di Maometto considerate offensive nel mondo musulmano. Pensate che l’enciclopedia ha ricevuto oltre 180mila lettere di protesta, ma al momento non c’è stato nulla da fare. Le immagini, in particolare, sono presenti all’interno delle localizzazioni europee di Wikipedia, e sono tratte da miniature persiane e ottomane datate tra il quattordicesimo e il sedicesimo secolo.

L’Islam, lo ricordiamo, vieta qualsiasi rappresentazione del profeta Maometto. Gli autori dei diversi post, in ogni caso, non vogliono cedere alle pressioni che arrivano dal mondo musulmano, e hanno risposto che chi si ritiene offeso da queste immagini può semplicemente evitare di consultare le pagine delle versioni europee dell’enciclopedia. Una risposta, dunque, abbastanza forte e decisa.

La censura cinese sferra il colpo più duro contro i video online

YoutubeCn

La Cina, purtroppo, torna a far parlare di sé sull’argomento della censura online e sul diritto di parola. Una nuova legge emanata dal ministero dell’Informazione che entrerà in vigore il prossimo 31 gennaio, infatti, aumenterà al massimo livello la censura nei confronti dei video pubblicati in rete, permettendo solo ai siti Web di proprietà statale di poter “postare” online i video. La legge, in particolare, sarà valida per tutti i siti di video-hosting, anche quelli regolarmente registrati a Pechino, che – immagino – saranno costretti a chiudere i battenti.

Sarà forse una casualità, ma l’ordinanza è stata emanata appena una settimana dopo che un video postato in rete ha causato un vero e proprio scandalo nel Paese: nelle immagini, che hanno fatto il giro del mondo, la moglie di un popolare presentatore televisivo parlava “liberamente” delle corna che il marito le metteva puntualmente con altre donne. E così, i network di proprietà statale (o con lo stato come proprietario principale) saranno i soli che potranno inserire nuovi video in rete, con “l’unico” limite di non inserire immagini che possano “alterare l’ordine sociale” (principale capo d’imputazione con il quale si suole accusare dissidenti e voci contrarie a quelle governative).

Non scrivere parolacce su Twitter: mamma ti guarda

Twittertale

Siete grandi fan di Twitter, e allo stesso tempo vi capita di dire tante parolacce (in inglese)? Stamattina nella calza avete ricevuto tanto carbone? Bene: smettetela. Di dire parolacce, intendo. Altrimenti i vostri Tweet verranno pubblicati in automatico su Twittertale, la vostra mamma lo scoprirà e saranno guai. Non stiamo (troppo) scherzando: infatti il nuovo servizio Twittertale fa esattamente questo: pubblica nella propria home page tutti gli interventi di Twitter in cui appaiono parolacce, insieme ovviamente al nome dell’utente.

Il sito è interessante anche dal punto di vista sociologico, per studiare magari i perché delle arrabbiature della gente. Ma probabilmente non è nato per questo scopo. Il servizio, tra l’altro, è anche velocissimo, e gli aggiornamenti – provare per credere – avvengono praticamente in tempo reale. Nella parte destra è possibile anche inserire il proprio username di Twitter per vedere se siamo mai stati “segnalati”, mentre nella parte sinistra della pagina compaiono delle interessanti classifiche.

Un nuovo modo per commentare il web: Spipra

Spipra nuovo servizio

Con l’avvento di siti web 2.0, si è sempre cercata un’interazione tra utenti o tra autore ed utente. Ma alcuni siti non permettono di lasciare commenti oppure non dispongono di un form adeguato per questo. Così è stato inventato Spipra, un utilissimo servizio web che permette di commentare tutti i siti del mondo.

Per utilizzare questo originale servizio bisogna semplicemente registrarsi, inserire il link della pagina web che vogliamo commentare e scrivere ciò che ne pensiamo. Per i webmaster che invece non hanno la possibilità di inserire un form per i commenti, è possibile inserire nelle proprie pagine un link permanente a Spipra, cosicché gli utenti del sito possano commentarlo.

Apple fa chiudere ThinkSecret. Un brutto segnale

ThinkSecret

ThinkSecret, uno dei siti più famosi che trattano novità e indiscrezioni sul mondo Apple, è stato costretto dalla stessa casa produttrice del Mac e dell’iPod a chiudere. La notizia – incredibile – che si sta diffondendo pian piano in queste ore è che i responsabili legali di Apple hanno condotto una lunga battaglia legale contro ThinkSecret.

Motivo del contendere, un articolo pubblicato alla fine del 2004 in cui una “gola profonda” della Apple annunciava il lancio del Mac Mini. Apple ha chiesto in tutti i modi e più volte di rivelare la fonte, ma da ThinkSecret non avevano fin ad ora ceduto. Ora l’accordo prevede (incredibile) la chiusura del sito ma il rispetto della segretezza della fonte da parte di Apple.

Twitter “bannato” negli Emirati Arabi Uniti

Arab

Twitter? È un fenomeno talmente in ascesa che ormai è entrato a far parte dei siti e dei servizi Web temuti dai governi che limitano la libertà di opinione. Gli Emirati Arabi Uniti, infatti, ne hanno vietato l’accesso ai propri residenti, che da ora in poi non saranno più in grado né di inserire i propri “tweet”, né di vedere quelli degli altri.

Accedendo a Twitter, infatti, si legge un cartello che spiega:

“Ci dispiace, il sito che stai cercando di visitare è stato bloccato a causa dei suoi contenuto, che non sono in linea con i valori religiosi, culturali, politici e morali degli Emirati Arabi Uniti. Se pensi che questo sito non dovrebbe essere bloccato, visita per favore il Feedback Form disponibile sul nostro sito”.

Ovviamente, immagino che i commenti di protesta siano migliaia… ma vengono davvero letti uno per uno? O vanno a finire in una casella di posta fasulla?

Anonimato e blog. Blogger americano anonimo combatte contro il suo comune per la libertà di espressione

Corte

C’è una storia in questi giorni negli Stati Uniti che sta facendo molto parlare di sé. È la storia di un blogger del New Jersey che sta combattendo disperatamente contro il suo stato, contro la magistratura (e anche contro Google) per vedersi riconosciuto il principio secondo cui i blogger possono scrivere anche in maniera anonima, anche senza rivelare il proprio nome e cognome.

La storia è più o meno questa: il blogger, conosciuto con il nick di daTruthSquad ha criticato un’azione legale del comune di Manalapan (New Jersey), così come i politici che l’hanno voluta intraprendere, nei confronti di un ex-procuratore generale che avrebbe contribuito all’acquisto di un terreno inquinato nel lontano 2005. La decisione ha scatenato un acceso dibattito nella stampa locale e tra i cittadini, e il blogger com’è giusto ha partecipato al dibattito scrivendo le proprie opinioni, in forma anonima, su un blog appositamente creato.

Mai più culetti al vento: Google StreetView si “anonimizza”

StreetView

Mai più culetti al vento o coppie fedifraghe riprese alla loro insaputa. Google StreetView, il servizio di Big G attivo negli Stati Uniti e in qualche paese europeo che permette di vedere vie e piazze di molte città con fotografie scattate al livello stradale, cambierà per tutelare la privacy di utenti e cittadini. In particolare, la decisione è stata presa con lo sbarco del servizio nel Vecchio Continente, dove tutte le facce delle persone e le targhe automobilistiche saranno rese irriconoscibili.

L’iniziativa, forse, sarà estesa anche Oltreoceano. Dal lancio del servizio, infatti, sono numerose le cause intentate contro Google StreetView, che, per fare qualche esempio, ha scattato fotografie di coppie che entravano in sexy-shop, di una ragazza (la vedete raffigurata qui sopra) piegata in macchina che espone involontariamente il suo “didietro” o di un marito a passeggio con l’amante, e via dicendo.

Riflessione su YouTube e la tragedia finlandese

Finl

Di sicuro avrete sentito della tragedia avvenuta due giorni fa a Tuusula, in Finlandia, dove uno studente ha ucciso nove persone, tra cui la direttrice della propria scuola, e ha ferito decine di studenti. Una vicenda terribile, annunciata con un video pubblicato su YouTube. Un video – ormai rimosso – intitolato “Jokela High School Massacre” e pubblicato con la firma “Sturmgeist89”, in cui si vedono la scuola e poi un individuo che si mette in posa davanti alla telecamera con un’arma da fuoco. Una vicenda davvero terribile nel cui merito, ovviamente, non è compito di questo blog entrare.

Una cosa però la voglio dire, da giovane giornalista. In questi giorni in televisione e sui giornali – come spesso accaduto già in altre vicende simili – non si fa altro che commentare e parlar male di YouTube, di internet e dei social network. Una pratica, lasciatemelo dire, inaccettabile: le stragi non avvengono perché esistono siti che permettono di caricare online i propri video. YouTube, insomma, non è quel luogo terribile e pieno di sesso, droga e violenza che in tanti vogliono far credere.

YouTube e il grande problema del copyright

YoutubeCopyright

Oggi vorrei proporvi una riflessione sull’importanza di YouTube e l’annoso problema dei diritti d’autore. Un argomento talmente vasto che si potrebbe scrivere una tesi di laurea. Noi, ovviamente, ci limiteremo a darvi degli spunti di discussione. Partiamo da un principio: sappiamo tutti che su YouTube è possibile caricare solo materiale originale oppure video dei quali si detiene il copyright. Ma se vi dicessi che il 90 per cento delle clip presenti sul più grande sito di video-sharing vìola il diritto d’autore?

Non è uno scherzo, è proprio così. Ad annunciarlo un articolo uscito su un blog statunitense e ripreso da Internazionale. Partiamo da un principio: quando effettuiamo un upload su YouTube dobbiamo accettare le regole di comportamento che invitano a “non caricare nessuno spettacolo televisivo, video musicale, concerto o spot pubblicitario senza permesso, ammesso che non consista interamente di materiali creati da te”. Facciamo ora un passo indietro e pensiamo agli ultimi video che abbiamo visto, magari durante questa settimana: quanti sono coperti da diritto d’autore?

E ora la Cina blocca anche i Feed Rss

Word

Sappiamo tutti benissimo che la libertà di espressione e di informazione in terra cinese è spesso un miraggio, così come sono note a tutti le vicende di bloggers arrestati e di siti Web occidentali oscurati. Adesso arriva la notizia che, oltre a numerosi siti, sono stati bloccati anche i Feed Rss.

Generalmente, fino a qualche tempo fa i feed potevano essere scaricati liberamente da ogni cittadino (il che dava a tutti la possibilità di informarsi anche senza visitare direttamente un sito “vietato”). Qualche giorno fa è stato bloccato Feedburner, poi via via moltissimi altri feed.