Che Google cerchi di darsi il più possibile da fare per combattere la pirateria non è sicuramente una novità ma che ora voglia farlo sfruttando l’advertising si.
Secondo Google, infatti, oltre a bloccare l’indicizzazione dei siti web che offrono accesso a risorse P2P illegali è necessario adottare un approccio relativamente nuovo e che secondo l’esperienza recente ha dimostrato le sue potenzialità.
Tale approccio consisterebbe nel bloccare il business generato sui siti web in questione dalla visualizzazione dei banner pubblicitari, una tecnica questa che premetterebbe di limitare notevolmente l’afflusso di denaro verso coloro che si occupano della gestione delle piattaforme mettendo dunque KO l’attività.
Ad illustrare ed argomentare la cosa è stato Theo Bertram, il policy manager per la divisione britannica di Google, nel corso della conferenza “Follow the Money: Can The Business of Ad-Funded Piracy Be Throttled?” organizzata dalla University of Westminster di Londra.
A detta di Bertram, quindi, chiudere una singola piattaforma o spazzarla via dalla SERP è una mossa che non sortisce molti effetti positivi per l’industria musicale, cinematografica e del software e sopratutto su lunghi periodi e la dimostrazione più evidente è stato il caso Megavideo e Megaupload.
Dopo il sequestro tutto il traffico legato al file sharing e facente riferimento ai due portali di Kim Dotcom non è mai scomparso ma, molto più semplicemente, è stato dirottato su altri siti web.
Quanto proposto da big G potrebbe quindi rivelarsi particolarmente efficace ma, naturalmente, in tal caso le comunity che agiscono alimentando il traffico P2P senza guadagnare alcunché da tale attività non sarebbero interessate alla cosa.
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Via | BGR