Google e l’incredibile leggerezza del comandante di una base militare americana

Sigonella

Qualche tempo fa con un caro amico ci eravamo soffermati a cercare, su Google Earth, le basi militari americane e italiane. E avevamo constatato, con grande stupore, che era possibile addirittura vedere quanti e che tipo di aerei erano schierati, dove erano parcheggiati, quali fossero le vie di fuga, e così via. Ma Google ha fatto di più, riuscendo ad ottenere addirittura il permesso di scattare, all’interno di una base militare del Texas, foto dettagliate del livello stradale (per il layer Street View di Google Maps).

Peccato che, poche ore dopo la pubblicazione online delle immagini, il Pentagono ha chiesto ufficialmente a Google di rimuovere le immagini per motivi di sicurezza e di non richiedere mai più l’autorizzazione a entrare in luoghi militari con la macchina che scatta foto a livello stradale. Di certo potrà essere stata una leggerezza da parte di Google chiedere l’autorizzazione (così come ammesso dagli stessi “piani alti” dell’azienda), ma la leggerezza più grave l’ha fatta certamente il comandante della base, che ha concesso il via libera.

Condannato a 9 anni di prigione il super-spammatore mondiale

Mailbox

La notizia sta facendo, piano piano, il giro del mondo. La Corte Suprema della Virginia, negli Stati Uniti, a ha condannato a nove anni di carcere Jeremy Jaynes, accusato di aver mandato milioni di messaggi di posta indesiderata ad altrettanti ignari utenti internet. Una sentenza che, sicuramente, entrerà nella storia della Rete.

La vicenda, tra ricorsi e carte bollate, va avanti già dal 2003, anno del primo arresto di Jaynes. L’accusa ha presentato la prova di 53mila messaggi e-mail illegali inviati in soli tre giorni, ma tra luglio e agosto del 2003 pare che l’uomo abbia mandato un milione di messaggi spam al giorno. La difesa, invece, ha basato le sue argomentazioni sul fatto che le leggi anti-spam emanate ultimamente negli Stati Uniti violerebbero i diritti del primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, quando si tratta di anonimato.

Viva la libertà di espressione: riapre Wikileaks

Wikileaks

Ne avevamo parlato proprio qualche giorno fa: un giudice statunitense aveva creato molto scalpore dopo la decisione di chiudere il sito Wikileaks, specializzato nella pubblicazione di notizie riservate e fughe di notizie. Ebbene, la novità è che un giudice federale ha ribaltato la decisione, e consentirà al sito statunitense di riaprire a tutti gli effetti.

La decisione – ricordate? – era stata accompagnata da un grande scalpore per chi parlava di diritti violati e libertà di stampa e di opinione calpestata. E durante il dibattimento (che è durato oltre tre ore) proprio chi si appellava al primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti è stato premiato: il giudice, infatti, ha pensato proprio al primo emendamento per giusitificare la propria decisione, spiegando che le misure intraprese non erano “costituzionalmente adeguate”.

Il computer venduto su eBay con i dati segreti di un ministero Gb

eBay

Vi è mai capitato di aprire un pacco acquistato su eBay e trovarvi dentro strane sorprese o oggetti particolari? Un tecnico informatico di Manchester, in Gran Bretagna, stava riparando un computer portatile quando ha trovato, nascosto all’interno dello stesso, un cd con dei dati ultra-riservati provenienti dal ministero dell’Interno. Il laptop, inizialmente di proprietà dello stesso ministero, era stato poi messo in vendita su eBay e acquistato da un ignaro cittadino.

Il cd, in particolare, era nascosto tra la tastiera e la piastra dei circuiti. Il tecnico ha chiamato subito la polizia, che è intervenuta insieme (addirittura!) ad agenti dell’antiterrorismo, proprio a spiegare come in quel cd fossero contenuti dati davvero molto molto importanti. Si tratta a dir la verità, solo dell’ultimo episodio di una lunga lista di smarrimenti imbarazzanti di materiale riservato che hanno interessato il governo britannico.

Microsoft, una nuova stangata da parte dell’Unione Europea: 899 milioni di euro di multa

Microsoft

Nuova super-multa da parte dell’Antitrust europea nei confronti della Microsoft. L’azienda di Redmond dovrà sborsare ben 899 milioni di euro “per aver continuato ad abusare della sua posizione dominante” anche dopo la condanna (ricorderete tutti) da parte della Commissione nel marzo 2004, che costò a Bill Gates un’altra multa (questa volta più “leggera”, da 497 milioni). Secondo l’Europa, insomma, il gigante statunitense avrebbe dovuto assicurare entro il 22 ottobre scorso l’interoperabilità, mettendo a disposizione dei grandi gruppi concorrenti, a prezzi ragionevoli, la documentazione necessaria a sviluppare software in grado di comunicare con quelli Microsoft.

Così, però, non è stato. Secondo il commissario europeo alla concorrenza, Neelie Kroes, che ha parlato di “atteggiamento inaccettabile”, “l’azienda ha continuato a violare le regole, cedendo brevetti e licenze a carissimo prezzo e soffocando così l’inovazione delle altre imprese”. Siamo ormai alla terza multa in quattro anni, pari a circa 1,7 miliardi di euro. Senza contare che sono in corso altre due indagini dei servizi antitrust dell’Ue, tese a verificare la disponibilità di Microsoft nel mettere le sue tecnologie al servizio della concorrenza.

Tredici miliardi di euro. Ecco “quanto costa”, ogni anno, la pirateria informatica in Italia

Soldi

Ogni anno solo in Italia la perdita economica causata dalla pirateria informatica si aggira intorno ai tredici miliardi di euro. La stima è stata calcolata da Assintel, l’associazione nazionale di imprese che operano nel settore dell’Ict (Information&communication technology), secondo cui il fenomeno sarebbe esploso con la diffusione di internet e dei sistemi di condivisione dei dati “peer-to-peer”.

Secondo Mario Piccinni, del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza, “l’Italia è il primo produttore e consumatore di articoli informatici piratati in Europa e il terzo nel mondo”. L’avreste mai immaginato? Quando si parla di pirateria, non pensate semplicemente a quella su larga scala dei cd venduti da extracomunitari agli angoli delle piazze: lo scambio domestico di software, musica e film (quello, cioè, che avviene proprio con programmi peer-to-peer) rappresenta infatti il 90 per cento dell’intero “problema”.

Photo Dropper: plug-in per wordpress per semplificare l’inserimento delle immagini da Flickr

photo credit: eisenrah

Non è un segreto, aggiungere foto ai propri articoli è uno dei modi più semplici ed al tempo stesso efficaci per migliorare l’aspetto grafico di un blog e renderlo più gradevole ai visitatori.
La più grande fonte di immagini sul web è sicuramente l’archivio di Flickr, che ospita miliardi di fotografie ad alta qualità, la maggior parte delle quali protetta da licenza Creative Commons.

Quello che vogliamo presentarvi oggi è un utilissimo plugin per WordPress, Photo Dropper, che semplifica enormemente l’intero processo di ricerca e di inserimento delle immagini da Flickr nel proprio blog, con tanto di aggiunta dei dovuti riconoscimenti all’autore dell’immagine da noi scelta sotto forma di collegamento ipertestuale che ne attesta la paternità.

Rai: “Paghi il canone della Tv anche chi ha solo il computer”. Ed è polemica

MonoscopioRai

Quando si tratta di pagare l’abbonamento alla televisione – siamo onesti – non bastano le pubblicità della “Rai, di tutto di più” per convincerci. In molti vedono nell’abbonamento alla Rai un inganno, per programmi sempre meno di qualità (rispetto ad alcune private o alle satellitari) e pubblicità sempre più padrone dei palinsesti. Ma ovviamente si tratta di una legge, che va rispettata. L’articolo pubblicato ieri da Repubblica rischia, però, di alzare ancora di più un polverone proprio sulla televisione di stato e il suo ufficio abbonamenti.

Sembra, infatti, che anche chi ha solo il computer (e magari non ha il televisore) debba pagare l’abbonamento, perché potrebbe vedere la televisione o ascoltare la radio tramite schede di ricezione o internet. E ovviamente già si preparano ricorsi a raffica, che già stanno arrivando agli uffici amministrativi competenti, grazie anche all’intervento delle associazioni dei consumatori. Ma cosa dice la legge in merito?

Uk: i provider combattano la pirateria, altrimenti saranno sanzionati

Ladro

Gli internet service provider dovranno compiere azioni concrete per impedire i download illegali, altrimenti subiranno sanzioni legali. È questo il pensiero del governo inglese, dopo che alcune ricerche hanno accertato che nel paese sarebbero circa sei milioni gli utenti Adsl che scaricano illegalmente software, film e musica. Secondo quanto ha spiegato il ministro per la Cultura, una legge in materia potrebbe essere approvata, dopo le opportune consultazioni, nell‘aprile del 2009.

Contenti, ovviamente, i rappresentanti dell’industria musicale e videoludica: “Gli Isp sono gli unici nella condizione di poter produrre un vero e proprio cambio di mentalità”, ha commentato John Kennedy, capo dell’International Federation of the Phonographic Industry. Non molto d’accordo, invece, i provider stessi, secondo i quali creare una legge apposita non sarà semplice da attuare in termini di legalità, usabilità e sostenibilità economica.

Internet aiuta il moltiplicarsi della pedofilia. Parola di alcuni esperti spagnoli

Pedofili

Negli ultimi tempi – lo dimostrano anche i tanti arresti di questi giorni – la pedofilia è cresciuta in maniera esponenziale in tutto il mondo. Secondo alcuni esperti, una delle cause principali sarebbe da attribuire a internet, che starebbe offrendo proprio ai pedofili un nuovo “terreno fertile” per “agire” e scambiarsi materiali e informazioni. Non solo, alle persone che già erano attratte dai minorenni si aggiungono anche quelle che vengono a conoscenza del fenomeno proprio “grazie” alla Rete. Si tratta di un’accusa molto forte lanciata da Guillermo Canovas, esperto spagnolo in criminalità informatica.

I risultati, purtroppo, sembrano dargli ragione: sono milioni le immagini e i video pornografici che coinvolgono minori presenti su internet, e dal 2004 ad oggi sono state denunciate migliaia di persone, 677 nel solo 2007. Secondo le ultime ricerche sociologiche, il “pedofilo-tipo” sarebbe una persona socialmente integrata, spesso anche genitore, ben educata e appartenente ad un livello sociale di tipo alto.

Le reliquie di San Vincenzo, la spazzatura di Napoli e i vostri acquisti più “pazzi” su eBay

Reliquie

Avete mai acquistato un oggetto particolarmente strano su eBay? La domanda potrebbe sembrare abbastanza banale, ma leggendo certe notizie probabilmente non lo è. L’Osservatorio di Telefono Antiplagio ha infatti denunciato al Vaticano il grosso commercio (illegale, ovviamente) di tutta una serie di reliquie dei santi (dalle ciocche di capelli di Santa Teresa di Gesù Bambino a un brandello della tunica di Santa Rita da Cascia, da un frammento osseo di Padre Pio al “Kit Sant’Ignazio”).

Non stiamo parlando di “falsi” (che pure ce ne sono tanti), ma di un vero giro d’affari illegale di reliquie trafugate da chiese sperdute, tombe o siti archeologici. I vertici di eBay assicurano di essere a conoscenza del problema e di aver allestito “una task-force di esperti per bloccare questo commercio”. Anche se, almeno questa mattina, scrivendo “reliquie” nel campo di ricerca si continua a trovare davvero di tutto.

Charmburka, il burka-Bluetooth

BurkaBT

In un periodo in cui torna alla ribalta, in Turchia come in Olanda, il problema del velo indossato dalla donne di religione islamica vi segnalo un progetto interessante quanto provocatorio: CharmingBurka, il burka-Bluetooth. Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione tra alcuni artisti e il MIT Media Lab, per non far mai calare l’attenzione su un indumento che, a detta di molti, sarebbe un vero simbolo di oppressione nei confronti delle donne.

Cosa fa esattamente questo burka-Bluetooth? Dall’esterno è ovviamente un normale burka, che copre interamente la donna lasciandole solo una piccola grata all’altezza della bocca per permetterle di respirare. All’interno, però, ha una tecnologia che permette di inviare la propria foto della donna a tutti i cellulari Bluetooth che si trovano nelle vicinanze. Per la serie: non puoi vedermi, ma se mi vieni vicino puoi ricevere la mia foto.

Scaricare e condividere mp3 è legale, l’ignoranza emerge…

Scaricare e condividere mp3 è legale, l’ignoranza emerge…

Probabilmente leggendo il titolo di questo articolo, avrete pensato ad un pesce d’aprile un pò troppo fuori stagione, ebbene non è cosi. Infatti la nuova legge sul diritto d’autore, permette di pubblicare file mp3, teoricamente protetti dal copyright. Infatti il Ministero dei Beni Culturali, che ha modificato la legge, ha aggiunto un comma importantissimo per tutti coloro che scaricano illegalmente musica in mp3.

Nel quale comma si legge “È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro“. Ovviamente chi ha fatto questa modifica non si è reso conto dell’importanza del termine degradate, dato che come tutti voi sapete, un file musicale “degradato” o a bassa risoluzione è un file mp3.

“Gli indirizzi Ip devono essere considerati dei dati personali”. Parola del commissario europeo

Indirizzi_Ip

Gli indirizzi Ip, le classiche stringhe di numeri del tipo 194.20.345.233 (ho scritto un indirizzo a caso) che identificano i computer sulla rete, dovrebbero essere considerati alla stregua dei dati personali (un po’ come l’indirizzo o il numero di telefono). A stabilirlo l’ufficio della Commissione Europea che regola la riservatezza dei dati. La decisione arriva dopo le pressioni del commissario tedesco per la protezione dei dati personali, Peter Scharr, che guida una battaglia a livello europeo contro le ripetute e immotivate violazioni della privacy da parte di colossi come Google, Yahoo! e Microsoft. Secondo Scharr, quando una persona è identificata attraverso un indirizzo Ip, allora quell’indirizzo è come un numero di telefono e dev’essere trattato con riservatezza.

Una visione che, però, è in disaccordo con quella di Google ed altre società che lavorano nel campo dell’informatica, secondo cui un indirizzo Ip, invece, identificherebbe la macchina, il computer quindi, e non la persona che lo sta utilizzando. Un’obiezione sicuramente giusta. Peccato, però, che nella normalità dei casi un computer è usato prevalentemente dalla stessa persona o dallo stesso gruppo ristretto di persone. Certo, ci sono delle eccezioni come ad esempio gli internet café, le università, i luoghi di lavoro molto affollati. Ma sono, appunto, delle eccezioni.