Dopo la sconfitta con Google nella causa per le API Java Oracle, a distanza di pochi giorni, si vede costretta a tornare nuovamente in tribunale ma, questa volta, è HP che chiama in causa la ben nota società californiana chiedendo un risarcimento corrispondente alla somma di ben 4 miliardi di dollari per violazione di contratto.
Stando a quanto dichiarato dai legali di Hewlett-Packard Oracle avrebbe infatti violato l’obbligo contrattuale nel momento in cui ha deciso di non sviluppare nuove versioni del suo database compatibili con i server Itanium.
Oracle, a sua volta, ha risposto e continua tutt’ora a rispondere alle accuse negando l’effettiva esistenza di un obbligo così vincolante e, al contempo, va a tacciare di incompetenza il management della società avversaria.
Oracle, infatti, nel dettaglio, avrebbe cessato lo sviluppo del database per piattaforma Itanium già lo scorso anno ovvero quando la stessa Intel la dipinse come in fin di vita preferendo concentrare gli sforzi verso le piattaforme con architettura x86.
HP, dal canto suo, sostiene invece che l’accordo tra le parti avrebbe dovuto comportare il prosieguo del supporto per Itanium sia perchè la presenza di quest’elemento risulta di fondamentale importanza per l’intera piattaforma sia perchè si tratterebbe di un accordo, di carattere amichevole, stipulato dopo l’abbandono del CEO di Hewlett-Packard Mark Hurd e la sua successiva assunzione da parte di Oracle.
La parola, comunque, spetta ora ai giudici che, in primis, dovranno provvedere ad appurare la reale esistenza di un contratto tra HP ed Oracle e, successivamente, quali siano i termini che risultano effettivamente in esso contenuti.
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